PALERMO – Il ministero della Salute dovrà indennizzare a vita una donna messinese a cui l’assunzione del farmaco Talidomide provocò una malformazione al braccio e alla mano.
La legge italiana prevede un indennizzo mensile a vita, ma la richiesta della donna, S.F. sono le sue iniziali, era sempre stata respinta ritenendo che spettasse solo ai soggetti nati tra il ’59 e il ’65. La signora messinese è del 1969.
Il ministero contestava anche che la malattia di cui era affetta la signora fosse riconducibile al Talidomide assunto dalla madre in gravidanza. Gli avvocati Ermanno Zancla e Federica Licata di Palermo hanno fatto ricorso al Tribunale di Messina, sostenendo che anche fuori dagli anni indicati legislativamente dovesse spettare un indennizzo per coloro che comunque potessero dimostrare patologie riconducibili alla sindrome a prescindere dall’anno di nascita.
C’era già un precedente in una sentenza, ormai divenuta irrevocabile, emessa nel 2018 dalla Corte di Appello di Venezia. Un medico legale ha smentito la tesi del ministero secondo il quale la patologia sarebbe stata causata da una mutazione genetica.
La difesa, insieme al consulente, ha evidenziato che in quel periodo esistevano in commercio almeno dieci diverse specialità contenenti Talidomide e anche se lo il farmaco non era più in vendita alle donne gravide era difficile escludere che le scorte del farmaco non fossero state vendute negli anni successivi.
Finora sono solo seicento gli indennizzi riconosciuti in tutta Italia attraverso le azioni legali. Alla donna andranno circa 4.500 euro al mese più gli arretrati.