Violenze e maltrattamenti nei confronti della moglie. Con l’aggravante del metodo mafioso. Queste le accuse di cui un 54enne risponde al termine di un’indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e dalla Procura di Caltanissetta. Per il 54enne – originario di Gela, residente a Busto Arsizio (Va) e affiliato a ‘cosa nostra’ – è stato chiesto il rinvio a giudizio (il processo è stato trasferito in Sicilia). L’uomo risulta indagato per aver maltrattato la compagna usando il metodo mafioso: si tratta del secondo caso in Italia.
Le minacce
“Sono venuto qui senza passamontagna, a viso scoperto, non ho paura di niente anche se devo tornare in galera… ci finiamo tutti sul giornale”. E, ancora, “ho una cassa piena di armi, non ho più niente da perdere, comincio a fare una strage”. Queste le minacce pronunciate dal 54enne, nei confronti di due persone che si sono offerte di aiutarla. È quanto emerso dalla richiesta del Gip depositata il 23 novembre.
I maltrattamenti
Secondo gli inquirenti la donna, 48 anni, oltre a essere picchiata, veniva segregata in casa e controllata a vista dalla famiglia, in particolare dalla suocera e dalle cognate. Violenze e maltrattamenti sarebbero partiti nel 2003 e avvenuti tra Gela e Busto Arsizio. Dopo anni di vessazioni e minacce da parte del marito (anche nei confronti dei suoi conoscenti), la vittima, che ora collabora con la giustizia e gode della protezione testimoni, è riuscita a finalmente a denunciare.
Cosa è emerso nei fascicoli d’inchiesta
Nei fascicoli di inchiesta, poi riuniti tutti in Sicilia, è emerso come la donna non potesse uscire di casa senza il permesso del marito e di come fosse controllata a vista dalle sue sorelle. Quando la coppia si è trasferita a Busto Arsizio, dove viveva già una delle due sorelle del 54enne, la situazione è peggiorata ancora. Calci, pugni, obbligo di mostrare il cellulare e fotografare ogni suo spostamento, divieto di andare
al lavoro da sola, hanno continuato ad essere una costante.