"Sentenza monumentale| Ribaltato il ‘romanzetto’” - Live Sicilia

“Sentenza monumentale| Ribaltato il ‘romanzetto’”

Intervista all’ex ministro. “Il giudice non si è fatto condizionare dall’ambiente. Io imputato per capriccio di qualcuno”.

Trattativa, parla Mannino
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La mafia voleva ucciderlo per la sua azione di contrasto e non per fantomatiche promesse non mantenute di cui non c’è prova. Nelle lunghissime motivazioni della sentenza d’appello che ha confermato l’assoluzione di Calogero Mannino nel processo sulla Trattativa, il giudice scrive anche questo. Riscrivendo la riscrittura della storia che l’impianto accusatorio aveva proposto, soccombendo in primo e secondo grado. L’ex ministro democristiano elogia il giudice “che è riuscito a non farsi condizionare dall’ambiente”, sottolinea come la sentenza ribadisca la sua estraneità alla Trattativa e aggiorna la sua collezione di assoluzioni: “Sono arrivato a dodici”, fa di conto l’eterno imputato Mannino.

Onorevole Mannino, qual è stato il primo effetto nel leggere le motivazioni della sentenza d’appello che la assolve?

“Quando una sentenza riconosce la tua verità, il primo moto è di apprezzamento per un giudice che è riuscito a non farsi condizionare dall’ambiente, cioè da quel milieu che ormai controlla il Palazzo di giustizia e che ha imposto, forte del sussidio di una stampa non libera, una messinscena accusatoria, frutto della fantasia e del deliberato pregiudizio personale e politico. E poi ha creato la distorsione della verità storica”.

Nelle motivazioni si legge tra l’altro che Cosa nostra voleva ucciderla per la sua azione di contrasto.

“Quando in questa sentenza si dice che l’ex ministro della Dc era una vittima designata della mafia proprio per la sua attività di contrasto a Cosa nostra nel governo del ’91, viene ribaltato il romanzetto che parte da quel libro di Ingroia e Caselli del 1992,, “La vera storia d’Italia”, e si ristabilisce, attraverso un esame serrato di tutti gli atti giudiziari, invece, una opposta verità”.

Si ridefiniscono anche i fatti della così detta Trattativa, qualificata come un’attività investigativa e non un patto scellerato. Che ne pensa?

“Io devo sempre precisare che la sentenza ribadisce che in ogni caso c’è l’assoluta estraneità dell’imputato a tutte le condotte materiali della così detta trattativa. Cioè, intanto io non c’entro. Poi, quella che i rappresentanti dell’accusa hanno chiamato trattativa, da questa sentenza viene definita diversamente”.

E come valuta questa ridefinizione?

“Guardi, andando a leggere questa sentenza gigantesca, non per il numero delle pagine ma per la dimensione intellettuale e morale della ricostruzione di fatti e circostanze, dell’interpretazione corretta dei fatti, si ha proprio la convinzione che finalmente c’è un atto giudiziario sul tema, anche se per quanto mi riguarda, tutti gli atti giudiziari precedenti erano stati sentenze di assoluzione. Addirittura un procuratore generale di Cassazione discutendo di un ricorso in appello fatto a Palermo in un altro procedimento aveva definito quello come un processo da non fare”.

Quante volte è stato assolto lei?

“Dall’accusa dl 416 bis sono stato assolto quattro volte, più assolto nelle misure di prevenzione relative, sia ad Agrigento sia alla Corte d’appello di Palermo, e sono sei. Due assoluzioni nel processo della tangentopoli siciliana. Due sulla trattativa e son dieci. Due al tribunale dei ministri e sono dodici”.

Lei ha fatto l’imputato per quanti anni?

“Ho fatto l’imputato per il capriccio di qualche magistrato. C’è una componente personale…”.

Questa è una sua valutazione.

“Lo è. Ma legata ai fatti,. Tutti i processi secondo me denotano una volontà specifica di qualche pubblico ministero di mettermi sotto accusa ad ogni costo. Questa sentenza, ad esempio, parla di assoluta illogicità, non solo di infondatezza, si parla di accuse incongruenti. Un errore giudiziario che si ripete e che si amplifica”.

Se l’aspettava che finisse così? Ha mai creduto che potesse finire diversamente?

“Mai. Quando uno è sorretto dalla propria coscienza… Io sapevo benissimo di esser stato minacciato e non dopo l’assassinio di Lima. Sapevo benissimo di essere nel mirino della mafia e sapevo le ragioni. Perché, se si va come sarà possibile tra breve, a guardare tutti gli atti politici che riguardano il contrasto ala mafia, si ritrova che la mozione conclusiva delle commissioni di indagini approvata dalla Camera dei deputati nel marzo del 1980 era stata redatta da me, Ed è la mozione che introduce il 416 bis che poi sarebbe diventato disegno di legge di La Torre. Anche il 416 bis nelle sue origini vede un contributo di proposta e sostegno da parte mia”.

Lei fa riferimento ad anni controversi nella storia del suo partito…

“Sì, e mi faccia aggiungere al riguardo che la sentenza dimostra che Ciancimino mi era nemico. E questo negli atti era una cosa evidentissima, Nel congresso della Dc del 1983 io ero stato decisivo per la sua estromissione dagli organi della Democrazia Cristiana. Chi va a riguardare l’ordinanza sentenza che rinvia a giudizio i 380 imputati del maxiprocesso scritta da Giovanni Falcone, relativamente a me vedrà che si parla di ‘onestà intellettuale’. C’è un mio ruolo che evidentemente non poteva che esser avversato da Cosa nostra ma che stranamente da alcuni magistrati dell’accusa è stato travisato e alterato all’opposto”.

Si aspetta che si chiuda qua il processo o immagina un ricorso in Cassazione dell’accusa?

“La procura generale di Palermo potrà andare anche in Cassazione. Per quel che mi riguarda, non credo che ci siano problemi, dopo due assoluzioni. Poi, se vogliono fare risparmiare soldi allo Stato, visto che ne hanno sprecati così tanti… La sentenza di primo grado era di 800 pagine, ora 1.245 pagine, questi giudici hanno dovuto esaminare una quantità di carte infinite. E lo hanno fatto con estremo scrupolo, ripeto, questa è una sentenza monumentale”.

Non le sento ripetere il refrain che va di moda in Italia, quello della “fiducia nella magistratura”. Lei non ne ha più?

“È una frasetta ipocrita. Se lei prende i giornali di oggi (ieri per chi legge, ndr), parlo dei grandi giornali nazionali, non trova notizia di questa sentenza. Giornali che hanno riservato pagine intere alla’accusa stanno venendo meno al dovere dell’informazione. E questo è determinato da questo combinato circuito mediatico-giudiziario che è un problema politico grave, serio, che un giorno questo Paese dovrà affrontare. Io vedo un ruolo sussidiario di certa stampa rispetto alle azioni giudiziarie. È triste che due quotidiani come il Corriere della Sera e la Repubblica oggi ignorino questa sentenza”.

Dopo la diffusione delle motivazioni qualcuno le ha telefonato?

“Ho il telefono congestionato. Non mi chieda da chi”.

Beh, magari una telefonata che le ha fatto più piacere delle altre.

“Quella di mio figlio con suo figlio, mio nipote”.

 

 


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