Marcello, Andrea, Vito e gli altri| Se la violenza colpisce gli ultimi - Live Sicilia

Marcello, Andrea, Vito e gli altri| Se la violenza colpisce gli ultimi

Foto d'archivio

È il quinto episodio in due anni. Una sequenza di violenza ingiustificata.

PALERMO – Gli episodi diventano cinque. Quello di ieri è il più grave. Marcello Cimino non ce l’ha fatta. Bruciato vivo sotto le coperte di un letto improvvisato. Altre quattro volte, però, un senzatetto è diventato bersaglio di rabbia e violenza. Una sequenza che fa paura. 

Due anni fa, il 12 aprile 2015, in via Trieste, non lontano dalla stazione centrale, alcuni balordi appiccarono il fuoco ad un cumulo di rifiuti. Andrea Cangemi, 62 anni, dormiva sotto i cartoni. L’allarme lanciato da alcuni passanti gli salvò la vita. Gli autori non sono stati identificati. Non si saprà mai se e perché l’obiettivo del raid fosse il clochard.

Rischiò grosso anche Vito, un uomo che viveva sotto i portici di piazzale Ungheria. Rimase ustionato alle braccia e alle gambe. Pochi mesi prima un altro senzatetto era stato aggredito nella zona di piazza Olivella. Anche allora ad opera di un gruppo di giovani. Non usare il fuoco, ma andarono già pesante con le botte. Calci e a pugni. L’uomo rimediò la frattura di due costole. Poche settimane dopo lo sfortunato protagonista divenne un indiano di 40 anni, anche lui senza fissa dimora, pestato a sangue nella centralissima piazza Sturzo. Allora si parlò di rapina. Gli strapparono i 5 euro che aveva elemosinato. 

Racchiudere tutto nella parola “follia” sarebbe riduttivo. Significherebbe prendere le distanze da gesti che, invece, appartengono all’intera comunità. Siano essi frutto dell’odio, del sadico gioco di ragazzini irresponsabili, di adulti armati da sete di vendetta o accecati dalla gelosia. O ancora il risultato di quella che l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, definisce “una guerra fra poveri”. Ed è proprio l’invito di Lorefice che va accolto, nella sua essenza religioso come in quella laica: “Noi tutti siamo sempre di più interpellati a ripensare alla nostra vita in altri termini, a ripensarla dai più fragili. Questa è una cosa che sento come vescovo: una città degli uomini non può che ripensarsi a partire dai più fragili”.


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