L'appello di Veneziani ai giovani:| "No alla politica dell'intolleranza" - Live Sicilia

L’appello di Veneziani ai giovani:| “No alla politica dell’intolleranza”

Intervista all'editorialista de Il Giornale
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Marcello Veneziani, intellettuale ed editorialista per Il Giornale, è stato ieri ospite della Facoltà di Scienze Politiche di Palermo per il convegno promosso da Azione Universitaria dal titolo “I volti della Destra: il pensiero politico della destra italiana tra comunitarismo e cultura liberal”. Sono intervenuti il Magnifico Rettore Roberto Lagalla, l’Assessore Raoul Russo e il professore di storia contemporanea Michelangelo Ingrassia.

Nella sua ultima fatica letteraria, vediamo il poeta  Lucilio prendere possesso della sua penna per rispondere e controbattere alle famose Epistulae Morales inviategli da Seneca. Ma se “Vivere non basta” come recita il titolo del suo libro, cosa resta alle nuove generazioni per combattere alienazione e conformismo?

Vivere non basta  significa che non possiamo accontentarci di vivere al massimo o semplicemente ponendoci il problema di esaudire tutti i nostri desideri. Noi dobbiamo dedicare la vita. Colgo l’occasione del pensiero di Seneca, pensiero in sintonia con quest’idea, per avere come filo conduttore di questo mio libro, la convinzione che la vita abbia bisogno di un senso, di un destino e di una prospettiva e che la pura espansione biologica non sia sufficiente. Credo che mai come questo messaggio possa essere di attualità per una gioventù che ha smesso di credere, anche perché probabilmente le generazioni precedenti hanno bruciato tutti i serbatoi di speranza.

Sempre Seneca, nell’elencare una serie di attività “inutili” e da rifuggire, ricomprende fra queste anche la politica. Non trova che all’interno della stessa si stia verificando una recrudescenza di aggressività ma in versione più cafona? Una volta volavano i sampietrini, adesso i tesserini e “vaquelpaese” dagli scranni parlamentari.

Sono convinto che la politica abbia mantenuto il livore del passato senza averne però le grandi motivazioni. Intendiamoci, non c’è da rimpiangere l’epoca nefasta della P38, delle spranghe, delle bombe, però il livello di scontro, di odio, di disprezzo nei confronti dell’avversario, ha raggiunto degli indici insopportabili, anche perché si accoppiano all’assenza di contenuti. La cosa paradossale è che non si fronteggiano due visioni del mondo opposte, ma due modi di concepire la politica che tutto sommato non sono così antagonisti. Il disprezzo si è fatto personale, non è più una differenza di idee, è odio ad personam.

Veneziani, lo sa che sono apparsi manifesti contro il suo convegno a Scienze Politiche? La scorsa settimana appartenenti a centri sociali e collettivi hanno scatenato la guerriglia in città, dopo settimane di intimidazioni incendiarie e aggressioni, nel disperato tentativo di impedire la presentazione di un romanzo su CasaPound. Lo chiamano antifascismo.

La definirei politica dell’intolleranza, anche perché non ne capisco la ragione. Si possono fare convegni in cui si esprimono idee opposte. Qui stiamo parlando di idee, non si sta legittimando nessuna forma di potere, semmai stiamo dando una visione un po’ diversa. Io non so nulla di cosa è accaduto qui a Palermo e non sapevo di questi manifesti contro di me, lo apprendo solo adesso. Mi sembra assurdo, per quanto mi riguarda ho un mio percorso personale del tutto autonomo dalla dimensione politica e comunque anche se ci fosse un rappresentante politico, non vedo la ragione di questo scatenamento, basterebbe semplicemente far seguire a questo convegno  un altro di segno opposto. Temo che ogni tanto si cada in questa democrazia immatura, che non è in grado di capire che ci sono persone che non hanno interessi loschi, la pensano solo diversamente.

Vediamo in questi giorni gli esponenti di quello che fu considerato il Partito della Legalità, subire l’umiliazione del lancio di monetine, come accadde ai politici corrotti del ’92 che loro stessi combattevano. La destra italiana sembra essersi cacciata in un brutto vicolo cieco tra processi brevi e scandali, come uscirne senza rischiare l’oblio?

Io scinderei i due problemi: uno è quello della contestazione che non può essere considerata una condanna dell’epoca, se ci sono cento facinorosi che contestano chiunque, non mi interessa se sia La Russa, Bersani o Berlusconi, non vuol dire che tutto il Paese stia contestando, quindi circoscriverei la portata. Certo, si vuole simbolicamente creare un’analogia tra le monetine contro Craxi e quelle contro La Russa. Diverso invece e più grande il problema di fondo dell’assenza di contenuti e di profilo della politica italiana, che riguarda la destra sicuramente come anche la sinistra. Ho l’impressione che si stia agendo nel voto spinto della lotta politica, cioè quanto più è forte la carica di odio, tanto più è inconsistente la spinta ideale, culturale e intellettuale delle forze in campo, questo è il vero dato sconfortante. La destra vive un momento di particolare difficoltà, anche perché il suo leader storico ha deciso di assumere una posizione che è finita in un altrove indefinito, nel senso che non si sa dove vada a parare. Dall’altra parte, quel che resta della destra è all’interno del PDL, ma con la prospettiva di qui a non molto di dover rifare i conti con una specie di azzeramento che sarà inevitabile quando Berlusconi compirà la sua parabola.

La patria. Dopo le celebrazioni istituzionali è nei veri momenti di necessità che si misura il valore di un popolo unito: da gennaio, più di 20.000 immigrati hanno invaso Lampedusa,  ma se le Regioni italiane per prime si rifiutano di fare la loro parte per un’equa ripartizione di questa gente nei propri territori, come ci si può scandalizzare della mancata accoglienza da parte degli altri Paesi della UE?

Bisogna dire che le nostre Regioni non è che abbiano risposto picche, alcune hanno cercato di frenare, altre hanno accolto, alcune accolgono ma a certe condizioni, però bisogna considerare che in Francia, per esempio, il problema non si pone, nel senso che lo Stato francese respinge alla frontiera indipendentemente. Mi pare insomma che ci sia una differenza di atteggiamento tra quello italiano, che bene o male è di apertura compatibile con la situazione generale, e l’atteggiamento francese che è di chiusura a priori. Il fatto vero è che queste popolazioni vogliono sbarcare in Europa, non in Italia, Lampedusa per loro è solo una pedana per poi dirigersi altrove, anzi larga parte di essi, essendo di lingua francese e avendo avuto anche un’esperienza coloniale alle origini, vorrebbe andare in Francia. È un problema di accoglienza europea, rispetto a cui non c’è, devo dire, nessuna politica di programmazione. Io direi che mai come in questo momento non possiamo prendercela con il nostro Paese, perché l’Italia non ha adottato respingimenti, ma al contrario ha tentato prima di accogliere e solo quando l’esito ha assunto dimensioni incontrollabili ha dovuto inevitabilmente cercare una soluzione. L’Europa deve rispondere ai flussi migratori.

Quali, se ce ne sono, gli errori nella gestione di questa offensiva in Libia e come giudica il ruolo dell’Italia nella strategia?

Credo che ci siamo cacciati in una brutta situazione in Libia, dico noi Europa, noi Occidente. Anche perché diamo per  scontato che la cacciata di Gheddafi sia una sorta di trionfo della democrazia. Io invece temo che accanto alla prospettiva che tutti condividiamo di una democrazia e libertà che toccano anche le sponde della Libia, ci possa essere anche una deriva di altro genere. Quando si parla di una divisione tribale, quando si parla dei Fratelli musulmani, quando si parla di un integralismo strisciante, beh, si creano problemi per cui non è che possiamo pensare che la soluzione sia semplicemente quella di eliminare il tiranno. Gheddafi è un detestabile cialtrone, ma oggi non sappiamo se il simultaneo crollo di tutti questi regimi “paternalistico-autoritari”, alcuni addirittura direttamente dittatoriali, sia subito un bene o possa avere anche qualche effetto collaterale, sia per le popolazioni locali che per l’Europa, persino peggiori di quello che attualmente stiamo vivendo.


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