PALERMO – “L’ennesima scoperta che decine di boss condannati percepiscano il reddito di cittadinanza impone una riflessione seria. È evidente che il meccanismo dell’autocertificazione e l’assenza di controlli preventivi, che garantiscano che il beneficio economico che dovrebbe sostenere persone bisognose vada a chi non lo merita e finanche a chi ha commesso reati gravi come quelli di mafia, producono storture gravissime”. Lo dice Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso da Cosa nostra nel 1992 e presidente della fondazione che del giudice porta il nome, commentando l’ultima indagine della Finanza che ha accertato la riscossione del Reddito di cittadinanza da parte di decine di boss di Cosa nostra nel Palermitano.
“Stupisce che con gli strumenti tecnologici oggi a disposizione, che consentono di incrociare i dati delle diverse amministrazioni dello Stato – prosegue – si arrivi ad accertare irregolarità di questa gravità solo dopo molto tempo. Leggere tra gli elenchi dei percettori del Reddito di cittadinanza nomi di mafiosi che già mio fratello aveva indagato oltre 30 anni fa – conclude – è avvilente. E certamente non fa bene alla credibilità delle istituzioni”.