Maria Falcone: "Limite superato, Giovanni e Francesca ridicolizzati"

Maria Falcone: “Limite superato, Giovanni e Francesca ridicolizzati”

Le parole della sorella del magistrato ucciso a Capaci

CATANIA – “Finora ho preferito evitare commenti su una vicenda che mi ha molto amareggiata, ritenendo che il silenzio, di fronte a parole tanto inopportune, fosse la scelta più sensata. Quando, però, si supera il limite e si arriva, forse paradossalmente con fini opposti, a commenti inappropriati che scadono nella ridicolizzazione è, secondo me, impossibile non replicare”. Lo scrive Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni, in una lettera inviata a ‘La Sicilia’ a commento di un intervento ‘satirico’ sul quotidiano di Ottavio Cappellani sul libro autobiografico di Ilda Boccassini.

“Giovanni e Francesca ridicolizzati”

“Quel che allarma innanzitutto – afferma Maria Falcone – è che sembra si sia smarrito ormai qualunque senso del pudore e del rispetto prima di tutto dei propri sentimenti (che si sostiene essere stati autentici), poi della vita e della sfera intima di persone che, purtroppo, non ci sono più, non possono più esprimersi su episodi veri o presunti che siano e che – ne sono certa – avrebbero vissuto questa violazione del privato come un’offesa profonda. Quanto al commento ospitato dal vostro giornale – aggiunge – del quale non riesco bene neppure a comprendere il senso – forse voleva essere una critica al libro della dottoressa Boccassini, ma anche leggendolo più volte non è chiaro – mi pare si sia superato il limite. Questo immaginare scenette da sit-com di basso livello – osserva Maria Falcone – questo descrivere due persone, che hanno fatto della compostezza e della riservatezza regole di vita e che sono state uccise per difendere la democrazia nel nostro Paese, come ridicoli protagonisti di un romanzetto di quart’ordine è vergognoso. In nome della libertà di espressione del pensiero non si può calpestare la memoria di chi non c’è più e la sensibilità di chi è rimasto e ogni giorno deve confrontarsi con un dolore che non può passare”.
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