Sia chiaro: la questione dei migranti è una vicenda epocale che non può essere risolta né da un fronte politico né dall’altro, con slogan e fakenews. Tuttavia ci sono momenti della storia in cui, pur esitando su ciò che si può e si deve fare, si è tuttavia certi su ciò che si deve evitare.
Tra questi vicoli ciechi impraticabili rientra ogni decisione governativa che usi la miseria degli ultimi come arma di ricatto contro le istituzioni europee. Per questo i vescovi siciliani, per bocca di monsignor Antonio Staglianò, hanno ipotizzato un clamoroso sciopero della fame nella nave della Guardia costiera italiani “Diciotti” pur di ottenere l’autorizzazione allo sbarco dei 150 ostaggi.
Due considerazioni almeno s’impongono. La prima: dopo anni di dichiarazioni aeree, i presuli siciliani provano a passare dalle parole ai fatti. A questo li sollecita fortemente il senso più autentico del messaggio cristiano (che è qualcosa di più antico, di più genuino e di più prezioso della superfetazione dogmatica e moralistica chiamata “cattolicesimo”). E’ lo stesso vescovo di Noto a spiegarlo: “L’umanità ‘buona e vera’ che Gesù ha introdotto nel mondo e che il cristianesimo ha portato in Europa (umanità che dentro processi magmatici ha costruito l’Europa e la sua unità culturale) ha come segno distintivo l’accoglienza, il prendersi cura, la condivisione del dolore di altri, l’immedesimazione (Edith Stein) che produce ‘simpatia’ ed ‘empatia’. Questa umanità è l’anima dell’Europa e dell’Italia. L’Italia, che per mantenere la linea dura nei confronti dell’Europa insensibile e anestetizzata, nemmeno si commuove per lo sciopero della fame di 150 persone umane, nostri fratelli e amici, resterà ancora ‘bella’, ma ormai ‘senz’anima. La perdita dell’anima sta già deturpando la bellezza del suo volto, costringendo milioni di cittadini a vergognarsi di appartenere alla nazione. Quale bellezza salverà l’Italia? Non c’è altra via che quella della solidarietà, ‘nuovo nome della pace'”.
E veniamo a una seconda considerazione. Se compito dei pastori è esercitare la profezia (non nel senso banale di previsione del futuro, ma nel senso biblico di parlare al posto dell’Eterno), compito della politica – dei cittadini e dei loro rappresentanti democratici – è trovare le strade per uscire dai labirinti. Nonostante le incertezze del Movimento Cinque Stelle – che appiattendosi sulle posizioni di Matteo Salvini rischia di fare la brutta fine della fagocitata Forza Italia – nelle stesse ore in cui i vescovi siciliani ventilavano lo sciopero della fame accanto ai profughi – è stato proprio un deputato palermitano pentastellato, Aldo Penna, a indicare una strada possibile: “I centocinquanta migranti trattenuti (mi auguro ancora per poche ore) sulla nave della nostra Guardia Costiera hanno tutto il diritto, intanto, di poter acceder e alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato politico. Di più: se l’UE continuerà a volgere lo sguardo altrove, si potrebbe anche pensare, provocatoriamente, al rilascio di visti temporanei per motivi umanitari, a tutti i migranti recuperati in mare dalla nostra Guardia Costiera. In questo modo, grazie a quanto previsto dal trattato di Schengen, i migranti potrebbero muoversi liberamente all’interno dei confini dell’UE e decidere essi stessi, in autonomia, in quale paese “redistribuirsi”. Sicuramente, non sarebbe un’azione che passerebbe sotto silenzio”.
Mi pare che in questo caso la Sicilia abbia offerto un fecondo esempio di sinergia nella distinzione dei ruoli: alle chiese la missione di ricordare i principi etici di fondo, ai politici di trovare le soluzioni tecniche per tradurre quei principi in pratiche. Senza né clericalismi invadenti né machiavellismi da superuomini di operetta.