"Ha danneggiato il Policlinico" | Corte dei conti, guai per Tutino - Live Sicilia

“Ha danneggiato il Policlinico” | Corte dei conti, guai per Tutino

Dovrà rispondere di un presunto danno dovuto ad alcune visite: non ha versato le somme all'ospedale

“Sì alla giurisdizione contabile”
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PALERMO – Il procedimento era stato fermato per un “difetto di giurisdizione”. Ma la Sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei conti ha accolto il ricorso della Procura, capovolgendo la decisione presa in primo grado.

L'ex primario Matteo Tutino

In pratica, l’ex primario Matteo Tutino dovrà essere sottoposto a un ‘processo contabile’ per la vicenda riguardante le visite specialistiche compiute all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, nel periodo in cui era in aspettativa al Policlinico di Palermo. Il chirurgo plastico aveva lavorato nelle due strutture prima di diventare primario a Villa Sofia. Il presunto danno ammonta a poco meno di 29 mila euro.

Il Procuratore generale Pino Zingale

Come detto, in primo grado la Corte dei conti aveva deciso per il difetto di giurisdizione. Una sentenza giunta al termine di una battaglia fra accusa e difesa. La pronuncia di oggi, però, interviene appunto sulla “competenza” del giudice. E secondo il presidente della Sezione giurisdizionale d’appello Giovanni Coppola, va accolto il ricorso del procuratore generale Pino Zingale. Secondo la Corte dei conti, infatti, per decidere va considerata come norma di riferimento la legge 165 del 2001, il cosiddetto “testo unico del pubblico impiego”, dove si precisa che “i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o preventivamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione – si legge nella norma – verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi….In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”.

A questa disposizione, poi, se ne aggiunse un’altra nel 2012, che prevede espressamente: “L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”. Ma sul punto, ecco un altro problema: i fatti contestati a Tutino sono anteriori alla norma del 2012 (risalgono infatti ai due anni precedenti). Un fatto non decisivo, secondo la Corte, visto che la norma del 2012 va considerata una disposizione “ non innovativa, ma meramente ricognitiva di un pregresso prevalente indirizzo….. tendente a radicare in capo alla Corte dei conti la giurisdizione in materia, nel termine prescrizionale quinquennale, escludendo quella del giudice ordinario propugnata da un minoritario indirizzo giurisprudenziale”.

In pratica, anche con l’ingresso delle norma del 2012, “nulla è cambiato – si legge nella sentenza – per la Corte dei conti. Infatti, – prima dell’entrata in vigore della norma soprarichiamata la pubblica amministrazione – prosegue il dispositivo – poteva agire autonomamente per il recupero di quanto indebitamente percepito dal proprio dipendente e, a sua volta, il pm contabile poteva parimenti agire per la restituzione della predetta somma in quanto configurante un danno erariale, quantomeno nella forma del lucro cessante, tranne che nel frattempo la pubblica amministrazione non avesse ottenuto integrale soddisfazione della propria pretesa creditoria. Potevano, quindi, sussistere contemporaneamente l’iniziativa, giudiziaria civile o amministrativa, della pubblica amministrazione e l’azione di responsabilità del pm contabile”. Da qui, quindi, si riparte. La questione torna, nel merito, al primo grado, dove Tutino dovrà rispondere del “presunto danno conseguente alla asserita violazione degli obblighi di lealtà, fedeltà ed esclusività”. Altri guai per il primario, già sotto processo per peculato, truffa, calunnia e abuso d’ufficio.


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