Memorie del Festino che non c'è|Santuzza, liberaci dalla peste - Live Sicilia

Memorie del Festino che non c’è|Santuzza, liberaci dalla peste

Il Festino che non c'è, c'è ancora e ci sarà per sempre. Nel nostro cuore palermitano.
VIVA PALERMO E SANTA ROSALIA!
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PALERMOCarissima Santuzza, a quest’ora del quattordici luglio, in un giorno normale, ogni palermitano si stava preparando al suo Festino che quest’anno non c’è. C’era chi si caricava di acqua fresca e ‘muluni agghiacciati’. C’era chi sospendeva, per qualche ora, il suo rancore verso una città matrigna, dimenticando perfino i cumuli di munnizza. C’era chi, dopo avere scritto post terribili contro il sindaco Orlando, per un anno intero, si sarebbe ritrovato ad applaudirlo sotto il carro, perché ‘Viva Palermo e Santa Rosalia’ è come gridare: ‘Cornuto è l’ultimo’. Nessuno può sottrarsi. E ognuno seguiva il suo rito.

C’era chi passerà alla storia come uno sterminatore di babbaluci, sicché i babbaluci avevano diffuso un sommario identikit del sospetto con una beffarda didascalia: ‘Ricercato, vivo o cotto’. C’era chi afferrava una sediolina pieghevole e, con un senso puntuale dell’anticipo, si piazzava davanti al mare, perché gli interessavano soltanto i fuochi. E qualcuno si metteva a guardare le stelle, come se fossero giochi di fuoco perennemente appesi, pensava ai suoi morti e ai suoi vivi, mormorando una preghiera.

A quest’ora, in un giorno normale, si celebrava già un piccolo Festino nella farmacia di Mimmo Simonetti, in via Roma. Bastava sedersi e osservare il miracolo dei palermitani in processione. Ognuno con il suo mal di denti, con la sua felicità, con il suo dolore e con la sua terapia. E Mimmo ascoltava. Tirava fuori dal cassetto la pillola apposita, ma a tanti aveva già offerto il sollievo della sua conversazione sempre fraterna.

E c’era Mario Cucina, superbo fotografo, che si aggirava tra bancarelle e asfalto, pronto a scattare un momento di eternità, come l’immagine a corredo in copertina. E c’erano le biografie che, frizzando, si narravano. E c’era ‘Micione’, detenuto in permesso, che scongiurava di non perdere le cose buone nate nel suo cuore: “Ho una preghiera per la Santuzza, che mi aiuti a conservare la mia nuova vita”. Tutti ci sentivamo come sospesi in un tempo di cristallo, fragili e simili, fino allo scoccare della mezzanotte che è sempre l’ora in cui accade qualcosa, nelle favole e nella realtà.

E adesso guardaci. Saremo nelle nostre case o altrove, ma non in corteo sul Cassaro, come è giusto che sia. Ma penseremo a te, perché è a te che pensiamo, quando l’acchianata si fa difficile. Quando il cuore si smarrisce. Quando una mascherina, per stato di necessità, ha imprigionato tutti i sorrisi, per cui rimangono soltanto gli occhi per dire ‘Ti voglio bene’. Ti vogliamo bene, Rosalia. Che begli occhi hai, anche se li immaginiamo.

Carissima Santuzza, è vero, ti confiniamo nel tuo monte, non sempre ci ricordiamo di te, dei tuoi capelli di ragazza, dei tuoi occhi da bambina. Però non abbiamo mai smesso di amarti. Daniele Billitteri, grande anima palermitana, ha scritto nella sua pagina Facebook che è il suo libro di novelle: “E allora il Festino sia quello del cuore. Del cuore nostro, di ciascuno. Io, lo sapete, ho il cuore che ha il suo bel da fare a mandare avanti la situazione. Ma io non mi scanto. Perché, siddu’ cuori stulitia, viva Santa Rusulia. Buon Festino tutti”.

Tutti abbiamo un cuore, Santuzza. Tu proteggilo, custodiscilo. E liberaci dalla peste. Una volta per tutte.


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