La storia delle case popolari | Colpa della burocrazia - Live Sicilia

La storia delle case popolari | Colpa della burocrazia

Nel 1990 la Regione stanzia i fondi per il risanamento della città dello stretto, colpita dal terremoto del 1908. Nell'ottobre 2006 il Cda dell'Istituto autonomo case popolari approva un progetto per costruire 60 alloggi. Da allora un lungo iter burocratico che non si è ancora concluso.

il caso a messina
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PALERMO – Sono gli eredi dei terremotati del 1908, quando un devastante sisma si portò via una grossa fetta della Messina di allora e la vita di 80 mila persone. Alcuni vivono ancora nelle baracche e chissà per quanto tempi vi dovranno restare visti i tempi della burocrazia.

Premessa: la storia che vi raccontiamo è vera. Incredibilmente vera, come risulta da una delibera approvata e pubblicata sul sito dell’Istituto autonomo case popolari (Iacp). È la numero 45 del 24 settembre 2014 e ricostruisce le tappe della vicenda infinita di un progetto che fa avanti e indietro dagli uffici pubblici in attesa di diventare esecutivo.

Nel 1990 la Regione Siciliana stanzia con una legge i fondi per “completare il risanamento delle zone del territorio della città di Messina”. E stabilisce pure che il Comune debba avvalersi dello Iacp. Nell’ottobre 2006, cioè sedici anni dopo, ma questa è un’altra storia, il Consiglio di amministrazione dell’Istituto autonomo case popolari approva un progetto da 8 milioni e 755 mila euro per costruire 60 case popolari in località Fondo Basile-De Pasquale, una delle zone più colpite dal terremoto. Il Comune lo fa suo e lo delibera tre giorni dopo. Infine l’assessorato regionale ai Lavori pubblici lo finanzia nel mese di aprile 2007.

La gara d’appalto, però, si blocca “per le difficoltà scaturite dalla non totale disponibilità dell’area, stante la presenza di baracche abitate”. Le palazzine servono proprio per dare un’abitazione a chi vive nelle case di fortuna eppure la presenza delle baracche coglie di “sorpresa” i tecnici dello Iacp. Pazienza. Nel frattempo, però, la Regione ha stilato il nuovo prezzario delle forniture – dal calcestruzzo alla più piccola presa di corrente – e in più bisogna calcolare le indennità di esproprio. Il progetto torna allo Iacp che lo affida alla Commissione tecnica e nel maggio 2008 viene deliberato per la seconda volta dal Consiglio di amministrazione dell’Istituto autonomo case popolari. L’importo è salito a 10 milioni di euro. Il Comune fa una seconda delibera e parte le richiesta di finanziamento alla Regione che adesso deve sborsare 1 milione 300 mila euro in più rispetto al passato. Solo che nell’attesa del sì regionale entra in vigore il prezzario del 2009 che impone allo Iacp di aggiornare il progetto che sale a 11 milioni e 247 mila euro. Nell’ottobre del 2009 l’assessorato regionale dà il via libera al finanziamento integrativo.

Partita chiusa? Neanche per idea. Salta fuori un altro intoppo. In mezzo all’area dove devono sorgere le case popolari c’è un panificio e il proprietario non ha alcuna intenzione di fare le valigie. “La burocrazia frena – ammette oggi il commissario dello Iacp Venerando Lo Conti -, mi creda abbiamo cercato in tutti i modi di aggirare l’ostacolo. Non potevamo mandare via il panificio. Non era nostro compito”.  E così, nelle more che si risolva il contenzioso con il panificatore, lo Iacp realizza un progetto stralcio – il terzo – che esclude l’area dove ricade l’attività commerciale. Anche il progetto stralcio deve rispettare l’iter amministrativo: prima viene approvato dallo Iacp e poi dal Consiglio comunale. Siamo nel 2013, e neanche a dirlo, entra in vigore un nuovo prezzario regionale. Gli anni passano e i costi aumentano. Bisogna adeguare il progetto. Così avviene. Peccato, però, che mentre i tecnici sono al lavoro lo Iacp viene a sapere che il panificio ha chiuso. Il titolare ha sbaraccato, forse gli affari andavano male. L’area adesso è tutta libera.

Hurrà, torna in auge il progetto iniziale, quello del 2006. Attenzione, però, va adeguato ai prezzi del 2014. I nuovi conti dicono che le tre palazzine costeranno 12 milioni e 884 mila euro. Si intravede la luce alla fine del tunnel burocratico. Solo che è aumentato di un 1. 400 mila euro il finanziamento che il Comune deve chiedere alla Regione. Quando lo farà? La domanda sorge spontanea e non per pignoleria. Questa storia, infatti, ci ha insegnato che oltre al sole e alla luna la vita degli sbaraccati del terremoto si regola sull’aggiornamento del prezzario regionale degli appalti. Se dovesse arrivare la nuova edizione 2015, il progetto tornerebbe di nuovo allo Iacp, poi al Comune e infine alla Regione nel rispetto della logica (?) della burocrazia.


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