PALERMO – Là dove c’era la collina ora c’è una discarica. Una montagna di rifiuti speciali sotterrati che hanno sfregiato l’ambiente e messo a rischio la pubblica incolumità. Le alluvioni sono provocate anche dalla mano umana che azzera le difese naturali del territorio.
Tutto ebbe inizio nel 2006
Il blitz della finanza di Messina (10 arresti e quindici interdittive temporanee di esercitare imprese) ha radici antiche. Già nel 2006 Daniele Mancuso, uomo chiave dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia, era finito nei guai giudiziari.
Aveva occupato abusivamente un pezzo di collina in contrada Corrao, nel rione Gravitelli, e l’aveva trasformata in una discarica abusiva. È la stessa discarica al centro della nuiva inchiesta. Fu processato e condannato in primo grado, ma in appello intervenne la prescrizione.
Discarica sotto sequestro
Nel 2019 la discarica finì sotto sequestro. Le immagini dall’altro mostrarono com’era stata e com’era diventata la zona. Oggi Mancuso, assieme ai figli, è finito a domiciliari. Partendo da un esposto, anonimo ma dettagliato, e dal sequestro di tre anni fa i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria del Comando provinciale hanno ricostruito la filiera dello smaltimento illecito dei rifiuti.
In contrada Corrao sono stati ammassati gli scarti dei cantieri per costruire il complesso residenziale “Le Terrazze 2”, il “Belvedere” e il complesso “Sitre”, ma anche le case popolari in località Pace. Gli imprenditori avrebbero pagato i servizi illeciti dei Mancuso, abbattendo il costo dello smaltimento regolare dei rifiuti.
Un ultimo carico pirata è stato confluito lo scorso 25 febbraio a testimoniare quella che il giudice per le indagini preliminari Monica Marino definisce “una spregiudicatezza non comune”.
Le intercettazioni
I finanzieri hanno intercettato frasi come “però copriamolo quello sterro che sto portando, mi stai capendo?” o indicazioni agli operai di scaricare “là sopra in mezzo agli alberi”.
Dall’altra parte c’erano imprenditori pronti a tutto: “… mi dà quattro carte giuste o sbagliate che siano”, dicevano riferendosi ai documenti falsi che certificavano la regolarità dello smaltimento ottenuti grazie ad un’impresa compiacente.
Dei Mancuso, parenti dell’ex boss pentito Giorgio Mancuso, aveva parlato nei suoi verbali il costruttore Biagio Grasso, imputato al processo “Beta” sugli affari della famiglia Romeo-Santapaola. Disse che i Mancuso erano i referenti del clan mafioso.