Misilmeri, "Sara martoriata Cristo": il funerale di Sara Campanella

“Sara martoriata come Cristo” che attende il pentimento del carnefice

L'ultimo saluto con il VIDEO-RACCONTO di Manfredi Esposito

“Perché” e “amore” sono le parole che si ripetono nella mattina del funerale di Sara Campanella. “Perché” si chiedono tutti mentre raggiungono la chiesa di San Giovanni Battista nella piazza principale di Misilmeri.

Un uomo e una donna si tengono per mano. “Poteva essere nostra nipote”, dicono. C’è una mamma assieme alla figlia. Avrà meno di 14 anni. “È giusto che partecipi, che conosca ciò che accade nel mondo. Preferisco che veda, che ne parli con me io piuttosto che con lo schermo di un cellulare”, dice la donna mentre passa accanto ad un dei tanti striscioni contro la violenza sulle donne e i femminicidi.

Un silenzio irreale

Man mano che ci si avvicina alla chiesa il brusio diventa silenzio irreale. Alle 9:45 la piazza è gremita da migliaia di persone. Il feretro lascia la cappella adiacente alla chiesa madre. La portano in spalla il fratello, gli amici e i colleghi che indossano una maglietta con la scritta che Sara aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook: “Mi amo troppo per stare con chiunque”.

Perché Stefano Argentino ha impugnato il coltello per recidere la vita di una ragazza di soli 22 anni? Se lo chiede l’arcivescovo Corrado Lorefice in apertura dell’omelia. “Perché questo strazio indicibile inflitto ai cari genitori Cetty e Alessandro, al fratello Claudio, ai familiari, al fidanzato, agli amici, alla città intera?”.

Di fronte ha la bara bianca di Sara. Dentro c’è “un corpo che esplodeva di vita, il corpo di Sara, esanime e sfigurato da un’inaudita incomprensibile violenza”. Il richiamo dell’arcivescovo al Cristo crocifisso e allo sterminio dei campi di concentramento servono ad imprimere nella mente dei presenti in chiesa e in piazza, davanti al maxischermo, che nel mondo di oggi “ancora domina la violenza. In particolare sulle donne”.

Guai a dimenticarlo, solo parlando dell’orrore di cui l’uomo è capace si può sperare di arginarlo, di mettere un freno alla “barbarie”. Dipende da noi tutti. Lorefice cita le parole di Etty Hillesum, giovane donna morta nel 1943 nel campo di sterminio di Auschwitz: “Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto in me, mi sembra evidente che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dovere aiutare te, l’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi è un pezzetto di te in noi, e forse contribuire a disseppellirti dai tanti cuori devastati”.

L’amore per Sara

L’altra parola è amore. L’amore dei genitori Cetty e Alessandro, del fratello Claudio, dei nonni di Sara in prima fila con chi gli occhi fissi sulla bara o persi nel vuoto. Guardano il punto di fuga della prospettiva della navata e di una vita che sarà segnata dall’assenza. Oggi c’è solo dolore, la consolazione è un sentiero impervio da percorrere.

Per chi ha fede c’è l’amore di Dio. “Il tuo corpo sfigurato dalla violenza sarà trasfigurato dall’ardente amore di Dio che ti ha dato vita e bellezza. Perché Dio che ‘è Amore’ trova sempre la via della Pasqua, la via della rinascita”, dice Lorefice durante l’omelia.

C’è un pensiero rivolto anche al carnefice, Stefano Argentino, il collega di Sara che ne è divenuto il suo assassino: “Il cuore di Cristo attende anche il dolore – che deve essere dilaniante – e il pentimento, a caro prezzo certamente – dice Lorefice, visibilmente commosso – di coloro che provocano violenza. La nostra ribellione, la nostra condanna si ferma. È assurdo, l’amore non uccide, è assurdo”.

Applausi e palloncini bianchi

Gli amici e colleghi chiedono di ricordare Sara. Descrivono la sua bellezza interiore, la sua gentilezza e disponibilità, i sogni e le notti insonni a studiare in vista degli esami, i tramonti, le giornate al mare. Pagine di vita che ciascuno di loro conserverà gelosamente. La rettrice dell’Università di Messina, Giovanna Spatari, annuncia che Sara riceverà la laurea ad honorem.

È il momento delle condoglianze in chiesa. Il presidente della Regione Renato Schifani, i sindaci di diversi Comuni abbracciano i genitori e il fratello che scoppia in lacrime quando gli si avvicina Lucio Arcidiacono, il comandante provinciale dei carabinieri di Messina che hanno ricostruito il delitto e arrestato il colpevole. Si guardano negli occhi, il militare gli sussurra qualcosa all’orecchio. Claudio Campanella annuisce. Restano immobili per qualche secondo.

Sulle note di “Everglow” dei Coldplay la bara bianca di Sara viene portata fuori dalla chiesa di Misilmeri. La mamma, poco dopo il femminicidio, aveva pubblicato una foto della figlia al concerto dei Coldplay a Milano. I palloncini bianchi vengono liberati in cielo. “Sara vive”, urlano gli amici mentre il carro funebre inizia il cammino verso il cimitero.

Gli operai smontano le transenne. La gente va via silenziosa, le auto iniziano a circolare. La vita riprende, non per tutti.


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