CALTANISSETTA – La Procura guidata da Amedeo Bertone non si ferma. Le cimici sono ancora accese e gli appostamenti degli inquirenti non sono finiti e adesso hanno in mano quello che Antonello Montante, per quasi due ore, ha tentato di distruggere: il suo archivio digitale. Ventiquattro pen drive e un paio di floppy disk. Materiale che era “scampato” al sequestro del 2015, supporti informatici che non erano custoditi nel bunker della “legalità” insieme ai dossier su nemici ed esponenti delle istituzioni. E mentre i tecnici della Squadra mobile guidata da Marzia Giustolisi stanno valutando quanti microchip siano ancora leggibili e, soprattutto, se il contenuto dei floppy disk possa essere accessibile, sono pronti gli interrogatori del capo dei servizi segreti Arturo Esposito e dell’ex presidente del Senato Renato Schifani. Interrogatori già programmati, ma che danno l’idea di come l’operazione Double face sia tutt’altro che conclusa.
Cosa c’è nelle pen drive che Antonello Montante ha tentato di distruggere mentre gli agenti della Squadra mobile bussavano alla porta per arrestarlo? Gli investigatori pensano di aver trovato l’archivio digitale del leader di Confindustria che, ieri, è stato condotto in carcere per l’aggravamento della misura dei domiciliari originariamente disposta dal Gip di Caltanissetta.
ARCHIVIO 2.0 – Ventiquattro pendrive, cioè 24 unità di memoria digitale che possono contenere decine di migliaia di documenti, ma anche registrazioni digitali, probabilmente quelle che non hanno trovato nel bunker durante la perquisizione di due anni fa. I documenti archiviati dovevano essere importanti perché Montante ha impiegato ben due ore, mentre gli agenti tentavano di entrare in casa, per scovarle e tentare di farle a pezzi, lanciandole anche sul balcone di un vicino di casa, sul giardino e in un tunnel di luce al centro del salone. “Temevo di essere ucciso, per questo non ho aperto”. Ha detto Montante ai magistrati, ma mentre temeva per la propria vita ha trovato il tempo di raccogliere gli archivi digitali, metterli in una busta e uno zainetto, farli a pezzi e lanciarli. Tra i supporti sequestrati ci sono anche dei floppy disk, che, al pari delle pendrive, possono svelare ancora parte del contenuto: il disco non è stato distrutto, come anche i microchip di molte pendrive.
GIALLO NELLA VILLA – Montante è accusato di aver violato le prescrizioni imposte per gli arresti domiciliari, due persone sarebbero entrate nella residenza di Serradifalco. “Le gravi condotte – scrivono gli inquirenti – che hanno indotto il giudice a inasprire la misura cautelare sono proseguite anche dopo l’arresto dell’indagato. Infatti, una volta condotto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Serradifalco, dopo l’interrogatorio di garanzia avvenuto lo scorso 15 maggio, il Montante Antonio Calogero, ha violato le prescrizioni impostegli dal Giudice con il provvedimento che ha disposto gli arresti domiciliari”.
I PIANI ALTI – Gli inquirenti hanno programmato gli interrogatori di Renato Schifani e di Arturo Esposito. Schifani ed Esposito sono accusati di aver rivelato la notizia dell’esistenza di un’indagine a carico del colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, finito nel mirino della magistratura insieme a Montante. Ma l’evoluzione dell’indagine dipende, in parte, anche da quelle pendrive sequestrate, potrebbero esserci documenti recenti. Tremano colletti bianchi non solo siciliani.