Mori-Obinu, processo d'appello| Pg non contesta aggravante di mafia - Live Sicilia

Mori-Obinu, processo d’appello| Pg non contesta aggravante di mafia

Il generale Mario Mori

Mercoledì toccherà al procuratore generale Roberto Scarpinato spiegare la scelta di "abbandonare la difficile dimostrazione della sussistenza dell'aggravante dell'articolo 7".

LA REQUISITORIA
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PALERMO – Riprenderà mercoledì la requisitoria d’appello al processo per favoreggiamento alla mafia che vede imputati il generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu. Toccherà al procuratore generale Roberto Scarpinato proseguire la requisitoria avviata dal sostituto Luigi Patronaggio ed entrare nel vivo della scelta di “abbandonare la difficile dimostrazione della sussistenza dell’aggravante dell’art. 7 che è stata contestata agli imputati e cioè aver agito per favorire Cosa Nostra.

I due ufficiali, per anni in servizio al Ros, assolti in primo grado, sono accusati di avere fatto fuggire il boss Bernardo Provenzano, nel 1995, nonostante un confidente, poi ucciso, avesse indicato il covo in cui il capomafia si nascondeva. Mancata cattura che, per l’accusa, sarebbe rientrata nel patto che pezzi del Ros avrebbero stretto con Provenzano e altri esponenti di Cosa nostra nell’ambito della cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia. Nella prima delle quattro udienze destinate alla requisitoria, il pg Luigi Patronaggio aveva ripercorso, davanti alla corte d’appello, anche i fatti accaduti il 6 aprile del 1993 a Terme Vigliatore quando, per l’accusa, il boss catanese Nitto Santapaola, che si nascondeva nel messinese, riuscì a sfuggire all’arresto. Il Ros dell’Arma sparò al figlio di un imprenditore di Terme Vigliatore, Fortunato Imbesi. L’episodio per l’accusa sarebbe stato finalizzato a mettere in allarme Santapaola per farlo fuggire. Una tesi contestata dalla difesa dei carabinieri che sostiene che Imbesi venne scambiato dal Ros per il boss palermitano Pietro Aglieri, all’epoca ricercato.

La vicenda di Terme Vigliatore, assieme alla presunta mancata cattura di Bernardo Provenzano a Mezzojuso e la mancata perquisizione del Covo di Riina sarebbero tutte condotte che l’accusa ha definito “seriali”.   

“Ci apprestiamo a fare questa operazione di salto critico della prova che vogliamo incentrare su fatti concreti – aveva detto Patronaggio -. E ciò facciamo non perché non crediamo in questo groviglio istituzionale che è la trattativa, o perché non crediamo nell’esistenza di zone oscure, ma perché una volta per tutte dobbiamo uscire da questo empasse processuale per cui tutte le condotte che gli imputati hanno commesso nel tempo in modo seriale sono tutte riconducibili a condotte di tipo colposo. Qui invece noi vogliamo concentrarci su poche condotte, dimostrare che esse sono dolose, e non ci interessa dimostrare altro”.


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