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Potevano morire oggi

Piani per uccidere Crocetta e la cugina di un Gip
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Le cosche di Gela erano pronte a uccidere l’ex sindaco Rosario Crocetta, attuale parlamentare europeo del Pd, e una cugina del Gip del tribunale di Caltanissetta, Giovanbattista Tona, che i mafiosi credevano fosse la sorella del magistrato per la forte somiglianza tra i due. Secondo le intercettazioni ambientali effettuate dalla polizia, a partire da oggi, ogni giorno poteva essere quello giusto per fare scattare l’agguato, che le cosche preparavano da tempo per vendetta. Il piano criminale è stato sventato grazie alle indagini della squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di Gela, coordinati dalla Dda nissena, avviate dopo l’arrivo dal carcere di una lettera rivelatrice, fatta pervenire da un detenuto agli inquirenti. Così, durante la notte, è scattata l’operazione ”Extrema Ratio”, con la notifica in carcere di cinque ordinanze di custodia cautelare ad altrettanti esponenti di spicco della mafia di Gela, già in stato di detenzione per altri reati. I cinque provvedimenti restrittivi e la denuncia di correità nei confronti di altri quattro imputati (tutti detenuti), sono stati emessi dal Gip, Marcello Testaquadra, su richiesta della Dda di Caltanissetta, con l’accusa di associazione mafiosa. Gli arrestati nell’ambito dell’operazione ”Extrema ratio” sono Francesco Vella, di 35 anni; Nicola Casciana, di 56; Massimo Carmelo Billizzi, di 34 anni; Paolo Portelli, di 41; Domenico Vullo, di 34 anni. Gli indagati, raggiunti da avviso di garanzia, sono Emanuele Argenti (di Guido), di 44 anni; Salvatore Terlati, di 35, Alessandro Gambuto, di 34; Emanuele Bassora, di 35. Sono tutti di Gela e tutti in stato di detenzione. Dovranno rispondere per ora di associazione mafiosa (416 bis). L’indagine si è avvalsa delle rivelazioni di un pentito, Crocifisso Smorta, il quale faceva parte dello stesso clan mafioso che aveva emesso la sentenza di morte contro Crocetta e contro quella che credevano la sorella di Tona. Determinante si è rivelata la collaborazione di un detenuto nisseno (in carcere ad Agrigento e in altri istituti di pena, dove ha incontrato mafiosi gelesi e ricevuto confidenze), autore della lettera dalla prigione che ha fatto scattare l’inchiesta. A lui Emanuele Argenti avrebbe detto di riferire a un proprio accolito, Francesco Vella, che ”la ‘cosa’ (che secondo gli inquirenti doveva essere il duplice agguato) poteva essere fatta a partire dal 20 gennaio 2010”. Per magistratura e polizia ”è la dimostrazione che nonostante la carcerazione, essi (gli affiliati al clan Emmanuello, ndr) sono rimasti pienamente operativi a gestire le attivita’ illecite e ritorsive del clan”. Un fascicolo contenente le risultanze dell’indagine ”Extrema Ratio” sarà inviato alla Dda di Catania, competente ad indagare e decidere, nell’ipotesi di un attentato ai danni di un magistrato di Caltanissetta.


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