La nomina di Giovanni Tinebra a capo della procura di Catania costituirebbe “grave pregiudizio per il funzionamento della procura di Catania nonché per lo sviluppo delle delicatissime inchieste di mafia (e non solo) tuttora ivi pendenti”. Lo scrive il deputato radicale del Pd Rita Bernardini in un’interrogazione parlamentare del 2 marzo scorso. “Il dottor Tinebra – sostiene la Bernardini citando fonti di stampa – risulta essere legato da forti rapporti di amicizia con grossi nomi dell’imprenditoria catanese e romana, da Ciancio a Caltagirone, tutti personaggi titolari di grossi interessi tuttora oggetto di inchieste aperte dalla stessa procura di Catania”. Si tratta dell’inchiesta sugli appalti per i parcheggi in project financing e del progetto di risanamento del quartiere di San Berillo su cui ha interessi il gruppo Acquamarcia. E in uno di questi filoni d’indagine il nome di Tinebra verrebbe fuori dalle intercettazioni telefoniche “in cui alcuni di questi imprenditori catanesi si augurano che al posto di D’Agata venga nominato proprio il dottor Giovanni Tinebra”.
A questo si aggiunge un certificato medico col quale Tinebra ha chiesto di essere esentato dalla testimonianza nel giudizio in corso a Palermo contro l’ex generale del Ros dei carabinieri, Mario Mori. “Il dottor Giovanni Tinebra – si legge del referto dell’ospedale “Cannizzaro” di Catania, firmato dal dottor Erminio Costanzo – è affetto da ‘sindrome parkinsoniana’ con tremore a riposo agli arti superiori (sinistro e destro), apofonia con bradilalia. Tale situazione clinica (aspetto motorio) e il marcato riverbero neuro-vegetativo (sudorazione improvvisa e rash cutaneo eccetera) oltre ad un disagio psicologico di base si accentua nei momenti di stress arrivando talvolta a rallentare il flusso ideico e il rashival mnesico”.
In altre parole, come scrive lo stesso Tinebra al pm Nino Di Matteo, “le mie condizioni, così come descritte nella certificazione che allego, consiglierebbero di soprassedere” alla testimonianza richiesta. “Ciò sia in relazione alla stancabilità di cui sono affetto ed alla non sempre brillante memoria di cui dispongo, sia in relazione alla scarsa coordinazione dell’attività fisica che mi affligge, scarsa coordinazione che mi comporta spesso reazioni emozionali assolutamente spropositate (circostanza questa che potrebbe viziare il giudizio di eventuali osservatori)”.
“Appare opportuno valutare una scelta coraggiosa – aggiunge la Bernardini – analoga a quella già compiuta a Reggio Calabria con la nomina al vertice della locale requirente di un magistrato non reggino, estraneo alla pervasività dei condizionamenti esterni”. “La nomina del dottor Giuseppe Pignatone – conclude – ha consentito, infatti, di conseguire, in un paio di anni, brillanti risultati mai raggiunti in decenni di reggenza di uno dei più delicati uffici delle procure distrettuali antimafia”.