PALERMO – Si chiude oggi il primo grado del processo sullo scandalo misure di prevenzione. Un giro vorticoso di consulenze, nomine e soldi sporcato, secondo la Procura di Caltanissetta, da favori, episodi di corruzione e una raffica di falsi. Il collegio del Tribunale di Caltanissetta, presieduto da Andrea Catalano, si è ritirato in camera di consiglio. In aula non è presente il principale imputato, l’ex magistrato Silvana Saguto.
Chi sono i protagonisti e quali ruoli avrebbero avuto? La sfilza di contestazioni basate sulle indagini del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo si apre con l’abuso d’ufficio che Saguto avrebbe commesso in concorso con Tommaso Virga, ex presidente di una sezione penale del Tribunale di Palermo e trasferito a Roma.
Virga, esponente di spicco della stessa corrente di Saguto e componente del Csm, “chiedeva alla collega o si limitava a manifestare interesse affinché il figlio Walter fosse nominato amministratore giudiziario”. Così avvenne per i sequestri Rappa e Bagagli, nonostante l’ex presidente lo considerasse “un ragazzino da niente”.
La nomina “era volta all’esclusivo scopo di compiacere Tommaso Virga – si legge nella contestazione – da cui essa si attendeva autorevole sostegno presso il ministero della Giustizia, il Csm, l’Associazione nazionale magistrati e la stampa”.
In realtà per questa ipotesi Virga padre è stato assolto sia in primo grado che in appello in un altro processo. Il magistrato, infatti, aveva chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. Si tratta dello stesso processo in cui è stato condannato a 2 anni e 4 mesi per falso e assolto dall’accusa di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto l’ex magistrato della sezione Misure di prevenzione di Palermo, Fabio Licata.
Una volta preso possesso del sequestro Rappa, Walter Virga avrebbe organizzato una presunta truffa per nominare Luca Nivarra, professore di Diritto civile all’Università di Palermo e avvocato come consulente per gestire le pratiche legali di cui altri professionisti si stavano già occupando.
Una consulenza da 15 mila euro per sei mesi con il compito di coordinare, secondo l’accusa solo sulla carta, cause che riguardavano la Finmed e la Med Immobiliare. Si tratta di una vicenda alla fine stralciata e trasferita a Palermo per competenza territoriale.
Tra i primi favori ottenuti da Saguto ci sarebbe stata l’assunzione di Mariangela Pantò, fidanzata di uno dei suoi figli, nello studio di Walter Virga. Ed ecco l’ipotesi di “induzione a dare o promettere utilità”.
All’ex presidente, assieme al marito e all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, viene contestato il più grave reato di associazione per delinquere. Il patto avrebbe previsto che Saguto nominasse l’amministratore giudiziario ottenendo in cambio la nomina del marito come consulente.
Caramma avrebbe così incassato parcelle “gonfiate” oppure per prestazioni mai svolte. Un meccanismo che avrebbe contribuito a fare di Cappellano Seminara il recordman di incarichi. Nell’accordo illecito sarebbero rientrate le nomine nelle procedure “Salvatore Sbeglia, Francesco Paolo Sbeglia, Bordonaro, Maranzano, Spadaro, Abbate, Ponte”, e un serie di liquidazioni in favore di Cappellano Seminara, fra cui quella da cinque milioni di euro per la gestione del patrimonio dei “Fratelli Sansone” e i 484 mila euro per la clinica Villa Santa Teresa sequestrata a Michele Aiello.
Lunga la lista delle consulenze per centinaia di migliaia di euro pagate da Cappellano Seminara a Caramma che riguardano sequestri disposti da altri Tribunali siciliani. Perché Cappellano aveva incarichi in tutta l’Isola: Calcestruzzi (Caltanissetta), Ignazio Agrò (Agrigento), Diego Agrò (Agrigento), Allegro (Caltanissetta), Tarantolo (Trapani), Amoddeo (Palermo), Padovani (Caltanissetta).
E poi ci sono i soldi in contanti: Cappellano Seminara avrebbe consegnato al giudice “almeno 20 mila euro il 30 giugno 2015 e 26.500 euro fra novembre 2014 e febbraio 2015”. I ventimila euro sarebbero quelli contenuti nel trolley portato da Cappellano Seminara di sera a casa Saguto e che rappresentano uno dei punti più dibattuti nella fase processuale. Secondo l’accusa, dentro c’erano soldi, secondo la difesa si trattava di documenti (“Perché non fermavano Cappellano?” – “Manco Fossi Flash Gordon“). L’episodio del denaro è stato raccontato anche da un architetto chiamato a testimoniare.
Ad un certo punto, però, forse perché avrebbe intuito che la situazione le stesse sfuggendo di mano, l’ex presidente Saguto avrebbe deciso di sganciarsi da Cappellano Seminara per puntare su altri amministratori giudiziari.
Ed ecco che i pm contestano la nascita di una nuova associazione a delinquere di cui avrebbero fatto parte il marito del giudice Lorenzo Caramma, Carmelo Provenzano (che nominava nelle sue amministrazioni giudiziarie la moglie Maria Ingrao e una sfilza di parenti) e Roberto Nicola Santangelo (anche lui amministratore).
Avevano in mente “un piano più grosso, cioè un progetto professionale, politico”. Il piano passava attraverso il licenziamento di alcuni dipendenti delle società per piazzare loro amici.
E così a Santangelo e Provenzano sarebbe stata assegnata la gestione dei sequestri Acanto, Virga, Ingrassia, Vetrano e Raspanti. Saguto in cambio avrebbe piazzato alcune assunzioni su richiesta, ricevuto cassette di frutta e verdura, ottenuto una corsia preferenziale per il figlio che doveva laurearsi alla Kore di Enna.
Il professore Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza e relatore della tesi di Emanuele Caramma in Diritto costituzionale, lo avrebbe aiutato per “la fine di un percorso”. E anche lui sarebbe stato ripagato con una consulenza da mille euro. Santangelo e Provenzano avrebbero scambiato le amministrazioni giudiziarie come un ufficio di collocamento personale per parenti e amici.
Stessa cosa sarebbe avvenuta con Rosolino Nasca, colonnello della Dia fino all’anno scorso in servizio a Palermo e poi trasferito, che avrebbe controllato un altro amministratore giudiziario, Giuseppe Rizzo, tramite il quale contava di sistemare il marito della Saguto (“Tranquilla ti dico io come fare… non comparirà da nessuna parte. Come? Viene assunto da una terza persona”), la fidanzata del figlio (“Vabbè tanto poi la sistemiamo ancora meglio, non ti preoccupare”).
Anche l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo è imputata per concussione in concorso con Saguto che avrebbe sfruttato il suo ruolo di presidente per imporre all’amministratore Alessandro Scimeca l’assunzione del figlio di un amico della Cannizzo, Richard Scammacca, all’Abbazia Sant’Anastasia sequestrata a Francesco Lena.
E poi ci sarebbero i falsi commessi dal giudice Licata nei provvedimenti di liquidazione eseguiti dal collegio (ad esempio quello di Italgas) di cui faceva parte insieme a Lorenzo Chiaramonte. Anche Chiramonte è finito sotto inchiesta perché avrebbe favorito un amico nelle nomine ad amministratore giudiziario.
Ed ancora la concussione commessa da Saguto ai danni di un altro amministratore, Aulo Gigante, che avrebbe assunto il figlio della cancelliera e amica della Saguto, Dorotea Morvillo, nell’amministrazione dei beni dei Niceta. Inizialmente a Gigante veniva contestato il reato di corruzione in concorso con Saguto, ma poi gli stessi pm hanno chiesto l’assoluzione ritenendo che Gigante fosse vittima e non complice del magistrato.
Infine, ci sono tutte le contestazioni per abuso d’ufficio che l’ex presidente avrebbe commesso utilizzando in maniera fin troppo disinvolta la scorta che le era stata assegnata per ragioni di sicurezza.
ECCO COME SI DIFESE SILVANA SAGUTO IN UN’INTERVISTA RILASCIATA A LIVESICILIA