La decisione di rimettere in libertà Giusi Amato e Alessandro Presti, i due ragazzi accusati di aver nascosto Gianni Nicchi e catturati insieme al rampante boss palermitano dagli agenti della polizia lo scorso 5 dicembre nel blitz di via Juvara, ha scatenato un coro di reazioni polemiche. I termini della custodia cautelare erano, però scaduti, la scelta dunque praticamente obbligata. Palermo, intanto, sembra nuovamente vivere un clima di preoccupazione crescente, legata non più soltanto ai crimini di stampo mafioso, ma anche, e forse soprattutto, per la violenza della microcriminalità. Di questo ed altro Livesicilia ha parlato con Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo
Procuratore Ingroia, è notizia di queste ore la scarcerazione dei due giovani accusati di aver coperto la latitanza del boss Nicchi per la scadenza dei termini di custodia cautelare. Molti cittadini, però, si dicono preoccupati, o quantomeno perplessi, per la liberazione di soggetti che avrebbero favorito la latitanza di un pericoloso mafioso come Nicchi. Lei cosa ne pensa?
“Non conosco nel dettaglio il provvedimento perché non di mia competenza. Però, il punto, a mio avviso, è questo: la custodia cautelare non può essere eterna, ma è pur vero che i tempi del processo sono troppo lunghi. La soluzione non consiste nell’ allungare a dismisura i tempi della custodia in carcere perché rischieremmo una condanna da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo. L’obiettivo deve essere quello di sveltire i tempi del processo penale per evitare situazioni del genere. L’attuale disciplina non va bene”.
In questi giorni si è dibattuto tanto, anche a livello politico, di forma e sostanza della legge, dell’una che deve prevalere sull´altra o viceversa. Qual è la sua opinione in merito?
“Non c’è dubbio che il diritto e le regole sono spesso questione di forme. L’aspetto formale non è superfluo, ma è a garanzia di diritti sacrosanti, tra cui quelli della difesa. La forma tuttavia non deve trasformarsi in inutile formalismo. La forma deve essere sempre funzionale, strumentale alla sostanza. Occorre accertare la verità muovendosi all’interno di un recinto di regole ben delimitato. Bisogna accorciare quanto più possibile la differenza tra verità processuale e verità sostanziale. Ma se tutto è consentito, nulla è più legittimo”.
L’ultimo periodo è stato piuttosto duro per Palermo: prima il terribile delitto ai danni dell’avvocato Fragalà, poi gli attentati incendiari ai danni dei locali Ciro’s, ora anche gli assalti agli autobus. Crimini diversi ma che rischiano di far precipitare la città in una nuova spirale di paura e insicurezza….
“Dobbiamo renderci conto che a Palermo, ormai non abbiamo più a che fare solo con i reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, ma anche con una delinquenza diffusa e talvolta selvaggia che fa aumentare ancora di più il senso di insicurezza”.
Secondo la maggioranza dei nostri lettori (58%) che hanno partecipato al sondaggio sul tasso di violenza a Palermo, la città non è comunque più pericolosa e violenta di altre. Lei che ne pensa?
“Penso che Palermo abbia avuto per anni un grado di violenza più basso di altre realtà. Paradossalmente ora Palermo conosce un adeguamento agli standard delle altre metropoli italiane, con un innalzamento del senso di insicurezza”.