PALERMO – E il proprietario di casa dovette restituire 13 mila euro al suo inquilino. Stavolta è stata la parte “debole” ad avere la meglio. I soldi serviranno a compensare le spese di affitto che non avrebbe dovuto pagare in base al contratto di locazione a canone concordato che aveva sottoscritto.
Si tratta di una formula, molto diffusa in città, che si basa sugli accordi territoriali del Comune di Palermo tra le organizzazioni dei proprietari e le organizzazioni sindacali degli inquilini. Ci guadagnano tutti. Il proprietario beneficia di agevolazioni fiscali Irpef e Ici-Imu. L’affittuario ottiene un prezzo “scontato”. E il Comune calmiera il mercato, spesso schizofrenico, delle case. Solo che nel caso del signor S.L.M., residente in una casa del rione Pallavicino, a guadagnarci sarebbe stato solo il suo padrone di casa. Che avrebbe ottenuto le detrazioni fiscali facendo pagare il prezzo “normale” di 570 euro al mese e non i 370 previsti dal contratto concordato. Risultato: la seconda sezione civile del tribunale di Palermo ha condannato il proprietario a restituire tredicimila euro al suo inquilino.
L’articolo 6 della Legge 431/1998 prevede ed espressamente disciplina, infatti, il diritto dell’inquilino ad agire in giudizio per essere tutelato nei confronti del locatore chiedendo da subito l’applicazione del canone previsto dall’accordo territoriale richiamato nel contratto e, in ogni caso, la restituzione di quanto pagato in eccedenza. Un principio che i difensori dell’inquilino – gli avvocati Giampiero Saverino, Alberto Gattuccio e Rosario Salvato del network Al Assistenza legale da poco sbarcato a Palermo – sono riusciti a fare valere in sede civile.