Nuove minacce Isis | "Le nostre acque a rischio" - Live Sicilia

Nuove minacce Isis | “Le nostre acque a rischio”

L'allerta è stato diramato nei giorni scorsi dall'Interpol su possibili attacchi di imbarcazioni veloci condotte da terroristi kamikaze.

Il dossier
di
2 min di lettura

PALERMO – Non solo attacchi condotti da barchini suicidi contro le navi italiane e europee al largo della Libia: la minaccia navale dell’Isis è più vasta e pericolosa. Lo scrive Rid, la Rivista italiana di Difesa, in un’analisi che prende lo spunto dall’allerta diramato nei giorni scorsi dall’Interpol su possibili attacchi di imbarcazioni veloci condotte da terroristi kamikaze. “Quella dei barchini suicidi – scrive Rid – è una tecnica da tempo in uso presso i gruppi irregolari e/o terroristici. Inventata dalle Tigri Tamil in Sri Lanka, consolidata dai Pasdaran iraniani durante la Guerra con l’Iraq, e poi spostata anche da Al Qaeda – che nell’ottobre 2000 la mise in pratica con successo contro il cacciatorpediniere dell’US Navy USS COLE alla fonda nel porto di Aden – adesso potrebbe essere impiegata dalla stessa Isis nelle acque tra Libia e Italia”.

Ma, “in realtà, lo scenario di una possibile ‘guerriglia navale potrebbe essere molto più ampio e variegato”. L’Isis, “entrato in possesso di alcuni porti e di imbarcazioni di vario genere, e con la possibilità di sfruttare l’esperienza accumulata dagli scafisti da anni impegnati sulle rotte migratorie, potrebbe ripetere tra Golfo della Sirte e Canale di Sicilia lo scenario che da 10 anni domina la regione marittima compresa tra la Somalia e Aden. Veloci natanti potrebbero infatti attaccare pescherecci, imbarcazioni da crociera, piccoli mercantili, ma anche vedette impegnate in missioni di soccorso, in questo caso più per catturare prigionieri da esibire con tuta arancione e coltello alla gola (e per i quali chiedere lucrosi riscatti) che merci”. Inoltre, “il miscuglio tra mancanza di scrupoli e fanatismo potrebbe trasformare qualche barcone di ignari clandestini in una trappola esplosiva innescata nel momento in cui l’imbarcazione viene abbordata dai team di ispezione, o avvicinata dal guardacoste di turno, con conseguenze devastanti per uomini e mezzi”. Anche in questo caso, nulla di nuovo se si pensa che “già nel 1880 la Marina peruviana, impegnata contro il Cile, dopo aver perso il grosso della sua flotta affondò un paio di navi nemiche impiegando barche mandate alla deriva con una trappola esplosiva, che si innescava al momento del recupero”. Un altro possibile scenario navale, “oggettivamente meno probabile”, sottolinea Rid, è quello di raid terroristici sulla terraferma da parte di attentatori che arrivano via mare, come avvenne a Mumbai nel 2008. (ANSA)


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI