Palermo e Roma l’hanno sedotto e abbandonato. Lui ha tagliato i ponti – calcisticamente parlando – con entrambe le realtà del suo passato pallonaro.
Per rinascere in Friuli. Niente di più lontano dal caos della città natale e della capitale. Si è ritrovato all’Udinese, Gaetano D’Agostino, nel nord-est ha conquistato equilibrio e certezze, sta mettendo radici. È diventato papà di Natalie, una bimba che gli riempie le giornate, restituendogli allegria e fiducia. Il “palermitanissimo” D’Agostino da un paio di stagioni ha cambiato tutto, dalla posizione in campo… al taglio di capelli. Regista basso, snobbato in bianconero da Galeone, valorizzato invece da Malesani ed esploso definitivamente con Marino. Perché l’attuale allenatore dei bianconeri, siciliano di Marsala, parla la stessa lingua di D’Agostino, quella del bel calcio. E gli fa fare il play-maker, come Pirlo, Liverani, come Corini e pochissimi altri in Europa.
L’esordio in campionato del Palermo con l’Udinese si giocherà probabilmente tra i piedi dei due registi, Liverani e D’Agostino. Il primo avrà come “scudieri” Migliaccio e Noverino, il secondo il solo Inler che tuttavia fa… per due. I rosa di Colantuono dovranno stare attenti alla visione di gioco e alla classe del ragazzo di Sicilia. Quello che ha il sorriso furbo e con i piedi fa quello che vuole. Quello che si è scrollato di dosso l’etichetta di vice-Totti, che a Roma lo opprimeva. In giallorosso, quelle rare volte che andava in campo, gli chiedevano di fare il trequartista, che illumina la scena di gol e fantasia. Le reti, però, non arrivavano. Ne faceva caterve nelle giovanili del Palermo, ma col tempo ha trovato la sua dimensione altrove, in altre zolle del prato verde. Ha i colpi del giocatore ben sopra la media, ma a Roma non l’hanno capito, l’hanno trascurato. Nell’estate 2001 il distacco dopo otto annate da romanista, passato al Bari nell’affare Cassano. Sotto il Cupolone è rimasto visceralmente legato a Bruno Conti. Poi nulla più, o quasi. A Palermo lo legano solo i contatti familiari. Per D’Agostino però sarebbe motivo d’orgoglio giocare (“Da calciatore maturo”, ha precisato una volta in un’intervista) dove è nato. Il presente, però, gli impone di strappare il giovane fuscello rosanero che Colantuono prova a far crescere dopo la batosta col Ravenna. Novanta minuti da “traditore”, sognerà, magari con un assist illuminante dei suoi. Per poi ritrovare il suo vecchio cuore rosanero, quello che gli batte in fondo all’anima.