PALERMO – “Ogni ospedale c’ha la sua mafia”, racconta Antonia Conte, infermiera professionale e membro della banda degli spaccaossa azzerata ieri in un blitz di squadra mobile, finanza e polizia penitenziaria. Ha deciso di collaborare con gli investigatori, raccontando della rigida spartizione territoriale.
A “Villa Sofia” comandava “il famoso… Schillaci… Emanuele Schillaci”. Domenico Schillaci, detto Emanuele, è considerato uno dei capi dell’organizzazione. Anche lui, come altri, gode di una protezione “individuata in base ai rapporti – scrivono gli investigatori – con la criminalità organizzata appartenente ai diversi quartieri”.
Il mammasantissima che regola la quotidianità delle borgate per conto di Cosa Nostra si occupa anche dei falsi incidenti. Dirime le questioni più di delicate, come la spartizione delle pratiche e dei soldi.
“… quando succede qualcosa, tipo o che il ragazzo se ne va o il ragazzo se ne scappa (il riferimento è alla vittima, ndr)… subentrano le persone. I Cintura”, spiega l’infermiera. Che aggiunge: “… gente mafiosa sono i Cintura… vengono, rompono le gambe, alzano le mani, come hanno fatto pure con mio marito, ‘se non mi porti di nuovo i soldi io ti ammazzo, io ti scasso’ Ecco”. Insomma “se Schillaci c’ha un problema… lui si rivolge a lui (Giuseppe Cintura, ndr). Lui viene e scassa a tutti”.
È accaduto quando un cliente revocò l’incarico “all’avvocato Giovanna Lentini”. In realtà, Lentini, compagna di Schillaci, è una sedicente avvocatessa con studio in via Angelo Callimaco. Schillaci è originario dello Zen. Da qui la sua “competenza” su Villa Sofia.
Cambiando zona “all’ospedale Civico ci sono i gatto…. che sono tre fratelli…. Natale, Alessandro, ehh… noi abbiamo Tonino..”. “Gatto nero” è il soprannome dei fratelli Santoro che avrebbero il controllo sul più grande ospedale siciliano.
Al Buccheri La Ferla, “diciamo l’equivalente dei gatto sarebbero Berlusconi (soprannome di Francesco Faja, ndr), e Michele Caltabellotta”. Se c’è un guaio in ospedale intervengono “un certo Ivan e poi c’è un certo Salvo che c’ha il lavaggio in via Messina Marine… so solo che questo Ivan è genero di un certo Ludovico… mafiosi”. Con loro c’è pure “Stefano Marino”.
Non si pestano i piedi perché “fra di loro si conoscono tutti…. quindi si favoriscono tutti. Se una pratica va a finire al Civico, e quello del Civico si arrabbia… poi arriva quello che se l’è comprata che è del Buccheri, ci vanno e parlano e discutono”. Le pratiche dei finti incidenti si vendono al mercato nero. Il prezzo varia in base alle fratture e all’indennizzo che si presume con ragionevole certezza di incassare.
C’è un livello di indagine che resta ancora segreto, ma che si intuisce dai nomi dei magistrati che hanno firmato il provvedimento di fermo. Sono i pubblici ministeri Francesca Mazzocco, Andrea Zoppi, Alfredo Gagliardi e Daniele Sansone, coordinati dagli aggiunti Sergio Demontis ed Ennio Petrigni. Demontis, in particolare, si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Circostanza che fa ipotizzare il coinvolgimento di qualche dipendente degli ospedali dove venivano ricoverate le vittime dei falsi incidenti.
“… ci puoi passare un medico? E gli dici che ti fa il foglio di ricovero… il foglio di ricovero dove c’è scritto che tu hai avuto l’incidente…”, diceva Rita Mazzanares, anche fermata nel blitz, parlando con una donna ricoverata in ospedale. Chi era il medico? Un’altra vittima racconta che “in occasione del primo sinistro sono stata portata al Policlinico dove il medico che mi ha fatto la consulenza secondo me era a conoscenza della truffa, infatti non mi ha fatto nessuna domanda”.
Antonino Di Gregorio un dei capi dell’organizzazione aveva un referente soprannominato “baffo/baffone”, un infermiere professionale del Civico che “poteva vantare amicizie e conoscenze a vari livelli all’interno dei diversi nosocomi cittadini, trovandosi nella posizione più idonea per avvicinare medici, infermieri e operatori sanitari in genere. Queste capacità lo potevano facilitare nell’acquisizione di referti medici e nella tenuta dei contatti necessari a potersi garantire l’effettuazione di esami e visite di ogni tipo”.
C’è voluto del tempo prima che negli ospedali si accorgessero di qualcosa, soprattutto dopo il primo blitz della scorsa estate. Un indagato diceva infatti ad Antonino Di Gregorio, uno dei capi dell’organizzazione, che le compagnie assicurative avevano aumentato i controlli “perché purtroppo in ospedale gliene spuntano 50 tutti con le stesse fratture… e già l’ospedale se la squarò”. Erano arrivati al punto di spezzare anche sette braccia o gambe in una sola sola sera. Troppo per non dare nell’occhio alla luce dell’impennata di ricoveri.
Medici distratti e personale sanitario disponibile a consegnare i referti: l’inchiesta si muove su un livello ancora top secret.