PALERMO – Maurizio Colca aveva 51 anni quando fu ucciso con un colpo di fucile durante una battuta di caccia a Contessa Entellina, in provincia di Palermo, ma è impossibile stabilire chi fece fuoco. Inchiesta per omicidio colposo archiviata. Caso chiuso, ed è un paradosso sottolineato dal giudice, anche nei confronti della persona che si assunse la responsabilità del delitto. E cioè Gaspare Marsolo, di Bisacquino, indagato assieme al figlio Giovanni.
È il settembre 2017. Un gruppo di amici si raduna per la caccia alla volpe in contrada Carubelle. È Marsolo ad avvertire i soccorsi. Ha visto un animale selvatico spuntare tra le sterpaglie e ha sparato, colpendo a morte l’amico. Sembra un tragico incidente di caccia.
Marsolo finisce sotto inchiesta. Il suo legale, l’avvocato Salvatore Guggino, chiede un incidente probatorio per stabilire l’esatta traiettoria del colpo (diretto o di rimbalzo?) e analizzare i bossoli. Il perito “non riscontra sufficienti elementi per potere affermare l’identità d’arma tra quella che aveva sparato a Colca e quella sequestrata a Gaspare Marsolo, nonostante fosse presente una certa similitudine di mera classe d’arma”. Le certezze vacillano. Il perito aggiunge che il bossolo recuperato sul posto e il proiettile non provengono da un’unica arma.
Ed è ora che nel registro degli indagati viene iscritto il figlio di Gaspare Marsolo, Giovanni, pure lui presente in quel tragico giorno. Gli sequestrano il fucile, ma sono ormai passati degli anni. Ci sono tracce di ossidazione. In ogni caso “non è possibile asserire con certezza che il bossolo repertato sulla scena del delitto e il proiettile estratto in sede autoptica provengono dalla carabina in uso all’odierna indagato Giovanni Massolo”.
Chi ha sparato durante la caccia?
Chi ha sparato? “È dunque ipotizzabile che altri soggetti fossero presenti in contrada Carubelle – scrive il giudice per le indagini preliminari Valeria Gioeli nel decreto di archiviazione depositato il 9 giugno scorso – ma è intuitiva evidenza che anche collocando altre persone sui luoghi in assenza di precise coordinate geografiche in ordine alla posizione del bossolo rinvenuto e alla posizione del cadavere nonché in assenza del tempestivo sequestro di tutte le armi in dotazione ai soggetti identificati il giorno dei partiti ad oggi sarebbe impossibile ricostruire una diversa dinamica dell’evento letale”.
Il giudice sottolinea, però, le lacune investigative. Un amico prese il telefonino e la radio trasmittente della vittima. Li restituì alcuni giorni dopo: “Sarebbe stato certamente logico aspettarsi che nessuno dei presenti alterasse la scena dei fatti né prelevasse alcunché dal corpo esamine dall’amico”.
Lacune investigative
Le conclusioni sono amare: “A distanza di quasi sei anni dal tragico evento per cui si procede gli esiti dolorosi cui si è giunti in questa sede sono da attribuire senza ombra di dubbio alle gravi lacune investigative che vedono la paradossale conseguenza di ritenere estraneo ai fatti, sulla base degli accertamenti tecnici, un soggetto che si è da subito assunto la responsabilità degli stessi per l’assenza di un immediato e rituale sequestro di tutte le armi nella disponibilità dei presenti partecipanti alla battuta di caccia, l’immediato sequestro dei cellulari in uso alla vittima al fine di verificare tutti i soggetti effettivamente presenti, l’assenza di precisi rilievi in ordine alle coordinate geografiche relative alla posizione del bossolo rinvenuto e alla posizione del cadavere, la circostanza che già a distanza di due mesi dalla morte l’intera area di interesse fosse stata arata ed erano stati radicati gli alberi che ne segnalano delle minime coordinate sono tutti imprescindibili elementi che hanno determinato la perdita di elementi investigativi oggi purtroppo non colmabili”.
Colca fu ucciso per errore con un colpo di fucile. Chi ha sparato resta un mistero. Il gip ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla stessa Procura, a cui si erano opposti i familiari.