Latitanti, omicidi e armi | Fibrillazione "mafiosa" in provincia - Live Sicilia

Latitanti, omicidi e armi | Fibrillazione “mafiosa” in provincia

Un filo rosso lega gli episodi che testimoniano la fibrillazione del mandamento mafioso di Bagheria, popoloso centro a pochi chilometri da Palermo. Un territorio dove i mafiosi scappano per evitare di essere ammazzati.

PALERMO – Latitanti, omicidi, armi e una guerra di mafia sfiorata e forse solo bloccata dall’intervento dei carabinieri. Il mandamento di Bagheria, con i popolosi comuni che ingloba, è una pentola a pressione.

C’è un filo rosso che lega, secondo gli investigatori, gli episodi che testimoniano la fibrillazione di un territorio che ha sempre fornito uomini chiave nello scacchiere di Cosa nostra. L’ultimo, è il ritrovamento di un poligono di tiro nel ristorante “All’Ancora” di Santa Flavia. Il sospetto è che sia servito anche come deposito delle armi del clan mafioso. Il titolare, Tony Bartolo Lo Coco, è sfuggito alla cattura.

Ed è il secondo latitante del mandamento. Il primo è Carmelo Bartolone che alcuni mesi fa ha violato l’obbligo di soggiorno per andare chissà dove. Aveva finito di scontare una condanna a sette anni e mezzo. Faceva parte dello scacchiere di uomini a disposizione di Bernardo Provenzano. Una volta libero ha deciso lasciare la Sicilia. Secondo gli investigatori, avrebbe capito che rischiava di finire ammazzato. Nei nuovi assetti non c’era più posto per uno come lui a cui, forse, veniva contestata la cattiva gestione del denaro della famiglia. Denaro che proveniva anche dal pizzo. Le recenti indagini dei carabinieri del Comando provinciale hanno smascherato una decina di estorsioni. Nessuno degli imprenditori aveva denunciato.

Bartolone, dunque, temeva di essere ammazzato ed ha scelto di scappare per evitare guai. Cosa che non è riuscita ai due narcos spagnoli al soldo del cartello canadese di Vito Rizzuto uccisi e seppelliti nelle campagne di Casteldaccia. Juan Ramon Fernandez e Fernando Pimentel, a differenza di Bartolone, non hanno fatto in tempo a capire di essere finiti nel mirino. O forse, nonostante lo avessero intuito, nulla hanno potuto fare per evitare il peggio.

Ai loro corpi nascosti in contrada Fiorolli i carabinieri del Ros sono arrivati grazie alle dichiarazioni del neo pentito Giuseppe Carbone. Gino Di Salvo, indicato come uomo fotte del clan bagherese e arrestato a maggio scorso, nulla sapeva del delitto se è vero, come è vero, che si era messo alla ricerca dei killer e aveva dato mandato di fare luce sulla vicenda al suo braccio destro Sergio Flamia. C’è qualcuno, dunque, in circolazione con un’autorità tale da sfidare il capo, massacrando due persone nel suo territorio?

Ramon Fernandez e Pimental erano gli uomini del grande business della droga lungo l’asse Montreal-Bagheria. Ed è forse proprio attorno ai traffici internazionali di stupefacenti che si gioca la nuova partita per il potere a Bagheria.

 


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