PALERMO – Non ci sono i gravi indizi di colpevolezza. Al momento non c’è la certezza che Stefano Biondo fosse in compagnia dell’assassino di Franco Mazzè, crivellato di colpi allo Zen. Passa la linea difensiva dell’avvocato Raffaele Bonsignore e, indirettamente, la ricostruzione dell’omicida reo confesso. E cioè quel Fabio Chianchiano che ha messo a verbale: “… avevo preso la macchina di Biondo a sua insaputa… perché lui era salito sopra e mi sono preso la Panda sua e me ne sono andato a casa per prendere quest’arma”.
Gli investigatori piazzavano Biondo al volante della Fiat Panda blu utilizzata per uccidere Mazzè e poi per raggiungere l’abitazione di Michele Moceo contro cui lo stesso Chianchiano sparò una raffica di colpi. È al bar Barbara che scoppia la rissa che segna l’avvio della catena di avvenimenti culminata nel sangue: “Da lì mentre sorseggiavo il caffè è nato questo litigio con Vincenzo Mazzè, che praticamente è uno che rompe… praticamente è una persona che istiga sempre le persone e si era preso con Biondo Stefano per cose. . . sono intervenuto io e l’ho ripreso aspramente”.
Dunque Biondo era presente alla rissa ma, secondo il Riesame, mancano gli indizi per sostenere che fosse presente pure all’agguato e alla visita di Chianchiano a casa di Moceo, nipote della vittima, a cui l’assassino avrebbe voluto fare capire, a colpi di pistola, che era meglio restare nei ranghi e non tentata alcuna reazione.
Le immagini del secondo episodio, quello dei colpi sparati contro il muro esterno dell’abitazione di Moceo, immortalano Chianchiano mentre fa fuoco, ma non chiariscono se fosse l’unico passeggero della Fiat Panda. E così Biondo è stato scarcerato. I poliziotti sono al lavoro per chiarire un punto fondamentale delle indagini. Perché se davvero Biondo non era l’autista dell’assassino come dice il Riesame e se davvero c’era qualcun altro in macchina allora è caccia al complice di Chianchiano che ha confessato di avere fatto tutto da solo, ma non è detto che non voglia coprire il suo complice.
Così il reo confesso ha ricostruito la folle mattina in via Gino Zappa: “L’ho incocciato stu Franco Mazze con il motorino elettrico e mi veniva incontro. Sono sceso dalla macchina perché ci volevo dare… non lo so non lo volevo ammazzare, volevo discutere, lo volevo prendere a cazzotti, lui mentre veniva da me… ha buttato giù il motorino e ha estratto una rivoltella, aveva una automatica che la imbracciava con la sinistra. Io ho estratto pure la mia pistola e ha incominciato a far fuoco… ha sparato 3 – 4 colpi verso di me, solo che io mi sono riparato dietro una cabina… ha sparato ed io ho risposto al fuoco, rispondendo al fuoco mi riparavo e lui avanzava sempre a sparare. Mentre… l’ho puntato che era lui riparato forse l’ho preso, non so dove l’ho preso, ho visto che era a terra, era ferito, riparato e ho cominciato a sparargli due, tre, quattro, cinque colpi”. La corsa di Mazzè in ambulanza verso l’ospedale risulterà inutile.