Dottoressa Tiziana Maniscalchi, che sta succedendo all’ospedale ‘Cervello’ di Palermo?
“Siamo pieni, come avete raccontato”.
Ed è una constatazione accompagnata da uno sbuffo di fatica per la dottoressa, facente funzione del primario al pronto soccorso Covid dell’ospedale ‘Cervello’. Sono giorni molto difficili e impegnativi.
Perché così tanti ricoveri?
“Perché mi pare chiaro che siamo nel momento della diffusione della variante Omicron. Non c’è solo il sovraffollamento, lo vediamo dai sintomi che stiamo imparando a conoscere”.
Si dice che sia meno grave.
“A noi appare così, ma, attenzione: soltanto per chi è già vaccinato almeno con due dosi, mentre non c’è nessuno, qui, con la terza. Chi è coperto si presenta, magari perché è preoccupato, con sintomi blandi, fa la terapia e torna a casa. Su ottanta ingressi, cinquanta restano poche ore e vanno via”.
Ricapitolando?
“I non vaccinati, in media, sono sempre i casi più gravi. I vaccinati contagiati, a differenza di prima, quando potevano avere qualche problema per la polmonite che, comunque, si risolveva, ora presentano soltanto raffreddore e mal di testa. Parliamo ovviamente di organismi immunocompetenti, in cui la protezione si è consolidata”.
Non sembrano cattivissime notizie.
“Forse Omicron è una prova che il Covid fa per convivere con noi, sempre che si abbia l’accortezza di mettersi al riparo. Sembra una variante indebolita. Forse Omicron sarà ricordata come l’inizio della fine della pandemia, almeno lo speriamo. Ma i problemi non mancano”.
Il principale?
“E’ una variante contagiosissima. Questo rischia di provocare il collasso delle strutture sanitarie, soprattutto per chi, avendo altre patologie, riceverà meno cure. E’, dunque, una variante ad altissimo impatto sociale”.
Cosa fare, allora?
“Rinunciare all’idea di allentare i vincoli dell’attenzione, innanzitutto: non possiamo proprio permettercelo. Io introdurrei delle restrizioni sui divertimenti a Capodanno. Non è il caso di andare tutti in giro a festeggiare, se non vogliamo assistere al tracollo della Sanità”.
La ricetta fondamentale per uscirne?
“Sempre le stesse cose: autocontrollo e massimo senso di responsabilità”.