PALERMO -PALERMO – Il caso è chiuso. Matteo Salvini è innocente. Non sussistono i reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La Cassazione ha rigettato il ricorso per saltum della Procura che consente di evitare il giudizio di appello e di ottenere direttamente una pronuncia della Suprema Corte.
Era l’agosto 2019 quando si consumava un braccio di ferro, lungo 19 giorni, tra l’allora ministro dell’Interno Salvini e la nave della ong spagnola Open Arms, che si trovava nel Mediterraneo, con a bordo 147 migranti, soccorsi in tre diversi salvataggi. Il Viminale negò più volte l’autorizzazione a sbarcare sull’isola di Lampedusa.
Salvini rivendicò il suo atto politico: stava tenendo fede “al programma della maggioranza di Governo (il presidente del Consiglio era Giuseppe Conte ndr) che aveva delineato una politica chiara e condivisa sulla gestione dei fenomeni migratori che prevedeva il coinvolgimento delle istituzioni europee e che tendeva a contrastare il traffico di esseri umani’”.
Il Tribunale di Palermo motivando l’assoluzione di primo grado del dicembre 2024, tra le altre cose, sottolineò che “la Spagna, e non l’Italia, era tenuta a tutelare i diritti delle persone a bordo e, dunque, in linea di principio, anche a fornire l’approdo in un Place of safety (porto sicuro)”.
Nel ricorso in Cassazione il pm di Palermo scrissero “che l’ipotizzata incompetenza del ministro al rilascio del Pos quale condizione sufficiente per escludere tout court la responsabilità dell’imputato per entrambi i reati, non può che risolversi, alla luce della peculiare tutela che l’ordinamento riserva alla libertà personale e della struttura dei due delitti, nell’omissione della motivazione in violazione dell’articolo 125 del Codice di procedura penale. Ciò vieppiù se si considera la formula assolutoria utilizzata che a fronte del riconosciuto trattenimento a bordo dei migranti e dell’altrettanto riconosciuta assenza di un intervento positivo del ministro, non risulta supportata da nessuna plausibile ragione giuridica o meglio da alcuna spiegazione”. Insomma, secondo la procura la sentenza di assoluzione di Salvini era carente dal punto di vista delle motivazioni.
Di avviso opposto i procuratori generali Luigi Giordano e Antonietta Picardi, che hanno chiesto il rigetto del ricorso. Nella requisitoria hanno sostenuto che il ricorso “non dimostra, nella prospettiva di censura della sentenza impugnata, la sussistenza di tutti gli elementi dei reati contestati, al fine di poter dimostrarne la tenuta della posizione accusatoria”.
Ad intervenire per primo nell’estate del 2019 era stato l’allora procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio che salì a bordo e riferì di avere trovato una “situazione esplosiva” dal punto di vista igienico-sanitario. Quindi decise di sequestrare l’imbarcazione.
Il fascicolo fu trasmesso per competenza a Palermo, sede del tribunale dei ministri. L’1 febbraio 2020 il collegio inviò gli atti al Senato che votò sì per l’autorizzazione a procedere. Il 15 settembre 2021 cominciò il processo. Al termine della requisitoria era stata chiesta una condanna a sei anni. Salvini esultò dopo l’assoluzione di primo grado. “Ha vinto la Lega, ha vinto l’Italia, ha vinto il concetto che difendere la patria, contrastare scafisti, ong straniere, proteggere i nostri figli non è reato ma è un diritto”, disse fuori dall’aula svestendo subito i panni dell’imputato e indossando quelli del leader di partito. Oggi la Cassazione chiude il caso. L’assoluzione di Salvini è definitiva.
“Cinque anni di processo: difendere i confini non è reato“. È il primo commento di Matteo Salvini dopo la conferma dell’assoluzione. Il leader della Lega e vicepremier l’ha scritto su X postando anche una sua foto con un gran sorriso e il pugno destro alzato.

