PALERMO – Uno spaccato della capacità di Cosa nostra di condizionare l’attività amministrativa di un piccolo Comune. Un intreccio perverso fatto di collusioni, minacce e favori.
Leggendo le intercettazioni dell’inchiesta su Palazzo Adriano si capisce che i carabinieri hanno esteso le indagini nei paesi vicini al piccolo centro dove si profila una richiesta di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose.
“Le attività di intercettazione hanno permesso di registrare – scrivono i pubblici ministeri della Dda di Palermo – le numerose minacce perpetrate dalla famiglia mafiosa, in particolare da Antonino Di Marco con l’ausilio di Nicola Parrino (sono due dei cinque arrestati del blitz di ieri ndr), nei confronti di membri dell’amministrazione comunale che a vario titolo hanno favorito i progetti criminosi della famiglia mafiosa”. Il riferimento dei carabinieri di Monreale è al sindaco Carmelo Cuccia e a Salvatore Cottone, ex capo ufficio tecnico del Comune di Palazzo Adriano. Il ruolo di intermediario sarebbe stato rivestito da Gaspare Caruso, ex sindaco del paese. Abbiamo cercato, finora senza successo, di contattarli per una replica.
I presunti legami con Cuccia vengono fatti risalire alla campagna elettorale del 6 e 7 maggio 2012 e al periodo successivo all’elezione. L’obiettivo di Di Marco era “il controllo e l’accaparramento degli appalti pubblici banditi dal comune di Palazzo Adriano. Il disegno criminoso della famiglia mafiosa si sviluppa quindi inizialmente con l’appoggio elettorale al sindaco Cuccia e successivamente con la pretesa di confermare Cottone nella direzione dell’ufficio tecnico comunale, ritenuto dai sodali la pedina fondamentale per il controllo degli appalti pubblici”. “Che nemmeno gli deve passare a questo minuto, per l’anticamera della testa, di levare a Cottone di là”, diceva Di Marco.
In realtà, Cottone sarebbe rimasto al suo posto per altri due mesi e poi licenziato. L’amministrazione motivò la decisione sostenendo che non c’erano i soldi per pagarlo, ma secondo gli investigatori la cacciata sarebbe la conseguenza delle “pressioni esercitate sulla giunta da parte della famiglia rivale dei Pira (Lo Bosco ndr)”. I rivali avrebbero voluto piazzare “un soggetto a loro vicino, identificato in Nicola Cuccia, il quale avrebbe promesso loro la concessione di una sanatoria edilizia per uno stabile”.
Nell’ufficio di Di Marco, custode del campo sportivo, sono state state ripetutamente intercettate le conversazioni con Paolo Masaracchia, anche lui in manette. Parlavano dell’appoggio al candidato ed esultarono quando Caruso, in contatto con gli scrutatori, gli fece sapere che Cuccia era in vantaggio di 75 voti sul suo avversario. Non solo: Parrino diceva a Di Marco che il loro candidato “Enzo” era arrivato secondo con 118 voti, mentre Gagliano di preferenze ne aveva racimolate 138. Si tratta di Vincenzo Vaiana, futuro assessore della giunta Cuccia, e di Nicola Gagliano che sarebbe diventato vice sindaco.
Il 30 maggio Di Marco e Parrino incontrarono il sindaco a Palermo. Mentre si dirigevano verso il capoluogo siciliano, Di Marco preparava il discorso: “Come in periodo di elezioni, come che sei sindaco, come che tu hai bisogno di qualunque cosa, però io ho bisogno pure di te… tu mi devi dire che rapporti hai, o se hai pressioni da altra gente. Se tu hai pressione che ti fa altra gente dimmelo, dopodiché tu ti fai il sindaco e la pressione c’è la vediamo noialtri, tu statti tranquillo… noialtri gli dobbiamo dire pure se lui si mette a disposizione gli dobbiamo dire pure di incrementare con le gare di appalto quanto noialtri possiamo lavorare tutti… qua io ti sto dicendo che siamo tutti con te, e te, e te lo abbiamo dimostrato perché tu sei seduto lì”.
Due giorni dopo Di Marco riferiva a Masaracchia l’esito dell’incontro. “Come ha visto a me, minchia si è rifardiato, alla fine gli ho detto siediti, gli ho detto come ti devo chiamare sindaco o ti devo dare del tu, no quale minchia di sindaco ci dobbiamo chiamare tu e tu. Dice qual è il problema? Carmè tu mi devi dire una cosa: ‘Se tu hai o hai avuto pressioni di altre persone fuori da noi altri?’. ‘Dice no’. Nel coso dell’incontro Di Marco avrebbe strappato la promessa della riconferma di Cottone, ma solo con due proroghe, una da giugno a settembre e l’altra da settembre a dicembre.
Cottone, ci sono agli atti i riferimenti ad alcuni incontri in cui è stato protagonista, sarebbe stato la gola profonda della mafia all’interno dell’amministrazione. Avrebbe informato Di Marco dei bandi di gara, degli importi e dei ribassi, dei nominativi delle ditte vincitrici e di quelle che ottenevano i sub appalti. E siamo solo all’inizio delle indagini. Per capirlo basta leggere le parole dei pubblici ministeri Agueci, Demontis, Malagoli: “Emerge un quadro estremamente preoccupante sull’attuale controllo di Cosa Nostra sul sistema delle progettazioni e degli appalti che vengono aggiudicati in Palazzo Adriano e nei paesi limitrofi, e sulle connessioni fra progettisti, ditte produttrici di materiali, pubblici funzionari ed esponenti dell’associazione mafiosa. Molte indagini sono ancora in corso. Altre sono da intraprendere; potrebbero emergere reati ancora più gravi di quelli ora in esame”.