SIRACUSA – “Mio figlio chiedeva aiuto, ci chiamava. Non è morto per la caduta, ma è stato ucciso da una serie di errori che non perdonerò mai”. Sono parole forti e di profondo dolore quelle di Paola Carnemolla, la mamma di Vincenzo Lantieri, che ha perso la vita a soli nove anni dopo essere finito in un pozzo a Palazzolo Acreide, nel Siracusano. Una tragedia su cui saranno le indagini a dire una parola definitiva.
La tragedia al campo estivo
Era il 27 giugno, il bambino stava partecipando alle attività di un grest estivo organizzato della società cooperativa sociale “La Contea Falabia”. “Lo avevo iscritto insieme al fratellino più piccolo soltanto alcuni giorni prima – racconta la madre -. Sarebbe stato un modo per trascorrere le giornate estive all’aria aperta, visto che io e mio marito lavoriamo tutta la settimana e avremmo potuto portarli al mare soltanto nel weekend. Non avrei mai potuto immaginare che si sarebbe verificato l’incidente che ha per sempre distrutto le nostre vite”.
“Vincenzino deve avere giustizia”
La mamma di Vincenzino, tutti lo chiamavano così, è un fiume in piena. Rabbia, dolore e desiderio di giustizia, si alternano nel lungo sfogo in cui sfocia il racconto di quella tragica giornata. “Il mio bambino poteva essere salvato, ne sono certa. Per questo deve avere giustizia e tutti i responsabili devono pagare per quello che è accaduto”.
Dieci indagati
Per la morte di Vincenzo gli indagati sono dieci: il presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della società cooperativa, il proprietario del terreno, cinque educatrici, dipendenti della fondazione Anffass di Palazzolo e tre operatrici del servizio civile alle quali era stata affidata la custodia dei bambini iscritti al grest Il procuratore di Siracusa Serena Gambino e il sostituto Davide Viscardi hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini per omicidio colposo con l’aggravante di aver agito nonostante la previsione dell’evento.
Tra gli indagati c’è anche l’educatrice che, dopo aver visto il piccolo precipitare, aveva tentato invano di salvarlo. “In molti non hanno fatto bene il proprio lavoro – prosegue Paola Carnemolla -. Ho visto coi miei occhi che dopo il salvataggio dell’educatrice, poco è stato fatto per Vincenzino, che da quel pozzo chiedeva aiuto e chiamava me e suo padre”.
Soccorsi in ritardo
“Per non parlare delle tempistiche con cui sono arrivati i soccorsi – continua – circa un’ora dopo la caduta. Mio figlio è rimasto lì troppo a lungo, mentre sentivamo la sua voce ed era ancora vivo. Troppi errori, troppa gente incompetente. E quando Vincenzino è stato estratto dal pozzo, non c’era più niente da fare”.
“Un terreno pieno di pericoli”
Le attività del campo estivo, quel giorno, si svolgevano in un’area di contrada Falabia, una sorta di fattoria didattica. “Mi avevano detto che avrebbero portato i bambini in piscina – prosegue la mamma – non in un terreno incolto pieno di insidie. Quando io e mio marito siamo arrivati lì non credevamo ai nostri occhi. I maiali circolavano liberamente, i trattori erano a portata di mano dei bimbi, c’era una discarica di amianto. E poi quel pozzo non segnalato che si è trasformato nella tomba di Vincenzino. I bambini giocavano lì attorno, senza alcuna precauzione”.
Secondo l’accusa, le operatrici indagate “consapevoli e a conoscenza dell’esistenza di fonti di pericolo per i minori nel fondo in cui il grest si svolgeva, fra cui la presenza del pozzo, non vigilavano sugli stessi e nello specifico su Vincenzo Lantieri”. “I bambini erano in pericolo, ma loro dove erano? – Si chiede Paola Carnemolla -. Come l’autopsia ha accertato, mio figlio è morto per annegamento provocato da asfissia, non aveva nemmeno fratture provocate dalla caduta”.
Fiaccolata il 27 gennaio
E con un filo di voce aggiunge: “Lotterò per avere giustizia con tutte le mie forze, perché da quel giorno mi hanno tolto l’aria che respiro. Ho altri tre figli e sono già nonna, per questo riesco ad andare avanti nonostante tutto, ma Vincenzino mi manca immensamente”. A sette mesi dalla tragedia, si svolgerà una fiaccolata a Palazzolo Acreide, per chiedere giustizia. L’appuntamento è per il 27 gennaio in via Dante. “Lo dobbiamo a Vincenzo – conclude la mamma – un bambino meraviglioso che voleva soltanto giocare. Un bambino che poteva essere salvato”.