Palermo, aggressioni e sangue in corsia: "Basta, siamo stanchi"

Palermo, aggressioni e sangue in corsia: “Basta, siamo stanchi”

Le fasi drammatiche della violenza

PALERMO- Più di tante cronache, l’immagine del sangue è una vivida rappresentazione della brutalità e del clima che si vive nei nostri ospedali. Le chiazze rosse che mostriamo, infatti, sono state lasciate dal dottore Alfredo Caputo, aggredito ieri nella sua stanza all’ospedale ‘Cervello’. Lo specialista, molto noto per competenza e professionalità, responsabile di Endocrinologia oncologica, sarebbe stato colpito con un tirapugni.

“Stanchi e demoralizzati”

I medici, gli infermieri, chiunque indossi un camice e presti servizio in ospedale, sono sconfortati. I profili social di tanti professionisti della sanità traboccano di comprensibile rabbia. “E poi se uno decide che non vuole andare a lavorare?”, si chiede una dottoressa dello stesso ospedale. “Dopo l’ennesima aggressione ai danni di un collega del ‘Cervello’ di Palermo, mi sento di dire che siamo stanchi e demoralizzati”, scrive sui social un altro medico.

“Daspo per i violenti”

“Lo ribadisco, serve subito un Daspo che vieti anche l’accesso ai servizi sanitari gratuiti a chi aggredisce medici e personale sanitario, sul modello degli stadi ‘chi rompe paga e non entra più’. Le istituzioni agiscano in fretta perché prima o poi ci scapperà il morto, che piangeremo con una serie di comunicati di solidarietà e di ricordo del suo valore umano e professionale – dice il presidente dell’Ordine dei medici e chirurghi e odontoiatri (Omceo) di Palermo, Toti Amato -. Gli ospedali sono ormai teatro di aggressioni quotidiane. Si tratta di un’emergenza sociale nazionale grave e la risposta deve essere durissima e chiara”.

“Chi aggredisce un medico o una struttura – continua Amato – deve sapere che danneggia se stesso e gli altri perché la sanità pubblica è un bene sociale che appartiene a tutti”. Parole molto esplicite che raccontano come la tensione sia, da anni, altissima. Da quella parte della barricata non ce la fanno più.


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