Palermo, l'architetto denuncia: ingegnere condannato

L’architetto denuncia il presunto ricatto: ingegnere condannato

Tentata induzione indebita a dare o promettere utilità

PALERMO – Tentata induzione indebita a dare o promettere utilità. È il reato costato la condanna a due anni di carcere all’ingegnere Maurizio Mione.

La denuncia dell’architetto

Il processo è nato da una denuncia presentata nel 2018 dall’architetto Elio Amico, amministratore unico della Teg srl. L’impresa stava costruendo alcune ville in via Castelforte e nacque un contenzioso. Fu richiesto un accertamento tecnico preventivo e il Tribunale nominò Mione come consulente.

Ed è in questo contesto che l’imputato avrebbe tentato di convincere Amico ad affidare alcuni lavori all’impresa di un parente della quale era responsabile tecnico. Altrimenti, questa è l’ipotesi accusatoria, avrebbe stilato una consulenza sfavorevole all’architetto. D’Amico rifiutò la proposta.

I messaggi dell’ingegnere condannato

Agli atti del processo sono finiti gli screenshot di alcuni messaggi. “Architetto in fin dei conti io sono gli occhi del giudice”, scrisse l’imputato. Mione inviò via e mail ipreventivi dei lavori che avrebbe voluto eseguire.

La difesa ha sempre contestato la ricostruzione dell’accusa, bollando come inattendibile Amico. La sentenza sarà impugnata in appello.

L’architetto, parte civile con l’assistenza dell’avvocato Valeria Maggio, ha ottenuto dalla terza sezuione del Tribunale presieduta da Fabrizio La Cascia una provvisionale, il risarcimento dei danni sarà quantificato in sede civile.

Il fallimento contestato

Amico è imputato in un altro processo per la bancarotta delle sue due imprese. La vicenda è parecchio complessa. L’architetto era titolare di una società che aveva comprato un terreno in via Castelforte e dell’impresa che vi ha realizzato otto ville di lusso.

Denunciò di essere stato stritolato dalla presunta mala gestio della sezione fallimentare del Tribunale. Le sue imprese furono dichiarate fallite senza che ci sarebbero stati i presupposti. Le ville furono messe all’asta e svendute ad un prezzo nettamente inferiore al valore reale. A comprarle sarebbero stati gli stessi acquirenti con cui Amico aveva già stilato dei compromessi. La denuncia ha portato all’apertura di un’inchiesta ancora in corso. Amico ha denunciato, facendo nomi e cognomi, le presunte convivenze all’interno del tribunale.

Ci sono altri due fascicoli di inchiesta nei quali Amico risulta parte offesa: nel primo per una perizia ritenuta falsa e nell’altro per usura bancaria.


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