Bancarotta fraudolenta, arrestati i titolari dei negozi Hessian

Palermo, arrestati per bancarotta i titolari dei negozi Hessian

Sono padre, madre e figlia. "Un sistema per svuotare le società dei beni"

PALERMO – Costituivano una società, la svuotavano dei beni pilotando il fallimento e ne creavano una nuova che avrebbe avuto la stessa sorte. Un sistema svelato dalla Procura di Palermo e dai finanzieri del Comando provinciale.

Agli arresti domiciliari finiscono i titolari dei negozi di abbigliamento e accessori Hessian, pure interdetti per dodici mesi dalla possibilità di esercitare impresa. ASCOLTA LE INTERCETTAZIONI

Padre, madre e figlia

Si tratta di Cesare Ciulla, 61 anni, Patrizia Gannettino, 59 anni, e Noemi Ciulla, di 27. Padre, madre e figlia. Sono indagati per bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. Contestualmente sono stati sequestrati quattro società e sei punti vendita a Palermo e Cefalù.

Le indagini del Nucleo di polizia economico-finanziaria – Gruppo tutela mercato capitali, coordinate dal procuratore aggiunto Annamaria Picozzi e dal sostituto Vincenzo Amico, si sono basate su intercettazioni telefoniche e accertamenti contabili, documentali e finanziari.

“Danno per l’economia già colpita dal lockdown”

“Ancora una volta i finanzieri di Palermo hanno fatto emergere le condotte fraudolente poste in essere da noti imprenditori palermitani che hanno portato al fallimento della società di famiglia con il fine di continuare a svolgere le attività commerciali con altre società riconducibili agli stessi indagati”, spiega il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante provinciale della finanza.

Che aggiunge: “Si tratta di un danno rilevante per l’economia sana della città, già duramente messa alla prova dal periodo di lockdown. Basti pensare che, da un recente studio relativo alle procedure fallimentari aperte nel primo semestre 2021, tra le regioni più grandi solo la Sicilia registra un incremento rispetto al primo semestre 2019 del + 1,4%”.

Passivo da 1,2 milioni

Gli investigatori parlano di “un articolato sistema di società, ideato e realizzato da un’unica regia riconducibile agli indagati, frutto di una complessa pianificazione distrattiva, finalizzata a proseguire l’attività imprenditoriale attraverso la costituzione di nuove società aventi similare compagine societaria e governance nonché coincidenti sedi legali e operative ed identici asset aziendali, che rappresentavano la continuazione aziendale della precedente impresa”. Negli anni hanno così accumulato un passivo fallimentare quantificato in almeno 1,2 milioni di euro.

Le società e i negozi sequestrati sono stati affidati ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Palermo con il compito di garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali.

“Tessuto economico inquinato”

“La bancarotta è una condotta illecita che suscita particolare allarme sociale, ancora più grave in questa fase congiunturale negativa per l’economia – spiega il colonnello Angelini che guida il Nucleo -. Contrastare i reati fallimentari assume quindi un’importanza centrale per la tutela dei creditori delle società fatte fallire illegalmente, che possono essere soddisfatti solo attraverso l’individuazione dei proventi illeciti oggetto delle distrazioni. Proventi illeciti che spesso vengono poi utilizzati anche per finanziare altre attività commerciali, inquinando il tessuto economico sano e alterando le regole del mercato e della leale concorrenza”.


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