Palermo, Coime a rischio chiusura: nel 2026 blocco manutenzioni

Palermo, Coime a rischio chiusura: nel 2026 il blocco delle manutenzioni

In pericolo anche gli equilibri di bilancio

PALERMO – L’ultimo falegname è morto due anni fa, i fabbri rimasti sono invece andati in pensione a dicembre dell’anno scorso. Ma a mancare all’appello sono anche muratori, tecnici specializzati, manovali generici, autisti di mezzi pesanti. (foto d’archivio)

A rischio chiusura

Il Coime è a rischio chiusura, un rischio più concreto che mai: il contingente degli operai edili del comune di Palermo, nato nel 1986 grazie a una legge speciale dell’allora governo guidato da Bettino Craxi, è infatti ridotto all’osso e le manutenzioni potrebbero fermarsi già nel 2026.

Un contingente di oltre 2 mila unità che, col passare dei decenni, si è andato assottigliando sempre di più con una media di pensionamenti che raggiunge i 50 l’anno. E dire che, per lungo tempo, il Coime è stato uno dei fiori all’occhiello di Palazzo delle Aquile.

Cantieri e manutenzioni

L’unità si è occupata di manutenzioni delle scuole, piccolo opere pubbliche, ristrutturazioni, rattoppi di strade e marciapiedi ma anche di gestire il parco Cassarà, di curare il verde della Zisa e del teatro di Verdura, di servizi di portierato e guardiania.

Un bacino, quello del “Coordinamento interventi di manutenzione edile del comune di Palermo”, che contava anche geometri, architetti, ingegneri e che, da precario, è divenuto praticamente strutturale.

Tanto che nel 2000, grazie a un accordo con lo Stato, il Comune è riuscito in qualche modo a internalizzare il personale, stabilizzandolo fuori pianta organica ma sempre con un contratto da edili e con una spesa sovvenzionata per metà da Roma, ma legata alla rendicontazione di specifici progetti.

Ridotti all’osso

Ad oggi il Coime conta su meno di 300 dipendenti, di cui solo 150 inseriti nei progetti di cantiere (il resto sono impiegati): tolti autisti e magazzinieri e viste le severe norme di sicurezza del comparto edile, significa poter mettere in campo appena quattro squadre impegnate nei rattoppi di corso dei Mille, nelle scuole e nella manutenzione della scala vecchia di monte Pellegrino.

L’età media è di 63 anni e il prossimo anno, a furia di pensionamenti, si scenderà sotto la soglia di 250 unità fino a quando, nel 2026, non ci saranno più maestranze. “Il trend dei pensionamenti è di 30 l’anno ma è in graduale aumento perché molti raggiungono l’età contributiva – spiega il dirigente Francesco Teriaca, anche lui tra quelli che nel 2025 andranno in quiescenza -. Di questo passo, fra due anni dovremo chiudere”.

Conti in pericolo

Ma il problema è anche un altro: gli operai specializzati sono ormai ridotti all’osso e, quando il Coime non riuscirà più a garantire le manutenzioni per mancanza di operai, il finanziamento statale verrà meno facendo ricadere i costi solo su Palazzo delle Aquile.

Un allarme che il Coime lancia da anni e che è finito anche in alcune relazioni della Ragioneria generale. Lo Stato per il 2022 ha garantito un finanziamento pari a 14,5 milioni di euro (sui 16 disponibili) che nel 2023 è sceso ad appena 11. “Il progressivo pensionamento dei dipendenti – scrivono gli uffici contabili di via Roma – è suscettibile di depotenziare, sino a comprometterla, la capacità della struttura Coime di redigere un programma di interventi da sottoporre al finanziamento dello Stato”.

Il che significa che la spesa sarà tutta a carico del Comune, con “profili di incidenza sugli equilibri di bilancio” che, seppur non quantificabili oggi, “certamente avranno effetti squilibranti”. Per non parlare della vertenza aperta sull’adeguamento salariale e pensionistico

Di Gangi: “Dialogare con Roma”

“Rinunciare al Coime non solo danneggerebbe le casse comunali ma sarebbe anche irrispettoso verso la dignità di chi è ancora in servizio – dice Mariangela Di Gangi del Pd –. Bisogna agire subito, chiedendo a Roma di congelare l’importo rendicontato nell’ultima annualità e utilizzare i risparmi derivanti dai pensionamenti per assumere temporaneamente le maestranze mancanti, garantendo così il funzionamento della struttura fino al pensionamento dell’ultimo dipendente”.

Una proposta di cui la commissione Bilancio, di cui Di Gangi è componente, ha discusso a Roma con il ministero dell’Economia. “E’ cruciale che l’amministrazione riprenda con urgenza un dialogo su questo tema – continua l’esponente dem -. Troppi errori sono stati commessi in passato nella gestione di questi lavoratori, che sappiamo essere in una situazione anomala che però ora rischia di tradursi in una condanna per il Comune, con le conseguenti ripercussioni economiche”. Non è stato possibile ottenere una replica da parte dell’assessore al ramo, Aristide Tamajo.

“Da tempo segnaliamo questo pericolo e chiediamo di riqualificare il personale – dice Pietro Ceraulo della Fillea Cgil Palermo – ma il Comune non ha voluto investire sul Coime che è il suo braccio edile. Il risultato è che oggi ci ritroviamo in una situazione allarmante”.


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