PALERMO – “Disprezzo” e “sorda gelosia”: una “congerie di passioni ed interessi hanno animato la coppia di complici prima che il piano si compisse”.
Il piano di Luana Cammalleri e Pietro Ferrara fu quello di uccidere Carlo La Duca, marito di lei e miglior amico di lui, partito dalla sua casa di Cerda e scomparso nel nulla a Palermo il 31 gennaio 2019. La Corte di assise, presieduta da Sergio Gulotta (giudice a latere Monica Sammartino), ha depositato le motivazioni della sentenza di condanna dei due imputati all’ergastolo.
Erano amanti, ma la relazione era tenuta all’oscuro della vittima perché, si legge nella motivazione, “in caso di divorzio Cammalleri avrebbe perso ogni diritto sulla eventuale successione del marito (del quale, evidentemente, gli imputati pensavano potesse essere dichiarata la morte presunta)”.
“Interessi economici e disprezzo”
Ecco dunque che il piano di morte avrebbe previsto non solo di ucciderlo ma anche di fare sparire il corpo, mai ritrovato: “Dunque, vi era un forte interesse economico degli imputati; su tutto però sovrasta il loro acerrimo disprezzo per La Duca e che avvolge ogni pensiero che l’imputata rivolge a quel marito, del quale falsamente attende il rientro”.
“La tela di un alibi”
E nell’attesa appariva in televisione fingendo, secondo l’accusa, di essere addolorata. Ed invece avrebbe “imbastito la tela di un alibi”. Il fatto che il cadavere non sia stato ritrovato “costituisce indizio ulteriore della colpevolezza degli imputati: solo Ferrara e la sua complice infatti avevano la necessità di far sparire il corpo” perché “solo loro avevano bisogno di far credere che La Duca si fosse volontariamente allontanato”.
La Duca uscì di casa alle 8:07 per recarsi a Cinisi dove ad attenderlo c’era la nuova compagna. Dovevano trascorrere il fine settimana insieme. Fece una tappa intermedia: il terreno di Ferrara a Ciaculli. È qui, secondo la ricostruzione dei pm Alfredo Gagliardi e Luisa Campanile, che La Duca trovò la morte. In che modo i due imputati si sarebbero disfatti del corpo resta uno dei misteri del processo.
“La tesi della fuga non regge”
La Duca “non navigava nell’oro e la sua impresa non aveva grandi profitti, ma i piccoli debiti che il processo ha accertato egli avesse ancora al momento della sua scomparsa e che dunque non erano stati ancora saldati, non giustificano, nella maniera più assoluta, la tesi che lo stesso possa essere scappato dalla sua vita, dai suoi figli, dalla sua famiglia e dalla sua fidanzata, una donna ancora giovane, con la quale aveva intrapreso una relazione stabile, per poche migliaia di euro, a fronte di un patrimonio immobiliare di un certo rilievo”.
“Tutto nella vita di La Duca – scrivono i giudici – faceva pensare ad una sua rinascita. Sulla possibilità di un allontanamento volontario di La Duca, il pm, ha dato atto di averlo ricercato ovunque, ed è appena il caso di sottolineare che la vicenda si è svolta in territorio di Sicilia, su un’isola cioè”.
“Feroce gelosia”
I sogni “tormentano Ferrara” , era ossessionato dalla “intimità sessuale della donna con il marito”, provava “feroce gelosia” ed era “ansioso di prenderne il posto ufficialmente, libero finalmente di occuparsi dell’azienda agricola che in effetti La Duca non amava più e alla quale invece egli era fortemente interessato”.
Nessun dubbio: secondo i giudici, sono stati Ferrara e Cammalleri ad uccidere La Duca e meritano l’ergastolo.