Palermo, violenza e stalking: Basile e gli altri assolti, calunnia prescritta

Violenza e stalking: Basile e gli altri assolti, calunnia prescritta

Il processo riguardava la relazione con una ex dipendente. Non ci sono colpevoli

PALERMO – Alla fine il processo si chiude senza colpevoli. Per l’imputato principale – Rosario Basile, ex patron di Ksm – condannato a tre anni e mezzo in primo grado arriva la prescrizione dell’ipotesi di calunnia e l’assoluzione piena per molestie e tentata violenza privata nei confronti di un’ex dipendente. Basile era difeso dagli avvocati Giovanni Di Benedetto, Fabio Lattanzi e Francesca Russo. La presunta vittima non si è costituita parte civile.

Gli altri imputati

Stessa sentenza di prescrizione e assoluzione è stata emessa dalla Corte di appello di Palermo, presieduta da Adriana Piras, nei confronti del dirigente di Ksm Francesco Paolo Di Paola (aveva avuto 3 anni) e della collaboratrice di Basile, Veronica Lavore (aveva avuto 2 anni). Sono difesi dagli Salvino e Giada Caputo, e Francesca Fucaloro.

Era già stato assolto anche Salvatore Cassarà, maresciallo dei carabinieri imputato per rivelazione di segreto istruttorio (a lui il patron di Ksm si sarebbe rivolto anche per ottenere notizie sul conto della donna con cui aveva avuto la relazione sentimentale) e accesso abusivo al sistema informatico. Per questo capo di imputazione l’assoluzione era stata decisa per la particolare tenuità del fatto. Il carabiniere, difeso dall’avvocato Gianfranco Viola, ha fatto ricorso in appello affinché ottenesse un’assoluzione piena nel merito. Così è stato.

Le relazione con l’ex dipendente

ll processo riguardava la relazione fra Basile e una ex dipendente da cui era nato un figlio. Secondo l’accusa, l’ex patron del colosso della sicurezza privata avrebbe minacciato la donna affinché non rivelasse che il figlio era suo. Una consulenza sul Dna, allegata al processo civile, stabilì invece una compatibilità del 99,9 per cento. E così sarebbe scattata la ritorsione dell’imprenditore che avrebbe licenziato la dipendente e fatto “carte false” per screditarla (questa parte non aveva già retto al vaglio del Tribunale). Nel corso di un interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari Basile aveva respinto l’accusa di avere ordito un piano contro la donna, ma si era detto pronto ad assumersi le proprie responsabilità di padre.

Il dossier

Agli atti dell’inchiesta c’era anche “un dossier” che Basile consegnò ai pm per sostenere di essere stato vittima di una tentata estorsione da parte della donna (ed è il capitolo della calunnia andato in prescrizione). Dentro vi erano notizie acquisite direttamente o apprese da altri. La “licenziosa condotta sessuale” della donna, così la definiva, lo spinse a non credere che il figlio fosse suo. Con la mamma del bimbo aveva avuto rapporti sempre protetti e alla luce dei suoi 74 anni nutriva più di un dubbio.

Nel corso del processo è emerso che il maresciallo Cassarà stava indagando sui presunti rapporti fra la donna e il figlio di Totò Riina. I suoi accertamenti volevano evitare, ha sostenuto la difesa, possibili infiltrazioni mafiose per ottenere finanziamenti da parte dall’Irfis di cui Basile in quel momento era presidente.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI