Palermo, 'finti vaccini Covid': l'infermiera confessa e fa i nomi

Palermo, ‘finti vaccini Covid’: l’infermiera confessa e fa i nomi

Un medico e una collega coinvolti nella messinscena. Si scava nelle rete dei no vax

PALERMO L’infermiera delle finte vaccinazioni Covid confessa e chiama in causa i complici. Sicuramente si tratta di due persone, una collega e quasi certamente di un medico. La loro identità è coperta dagli omissis apposti sul verbale dell’interrogatorio di pochi giorni fa.

Il 5 gennaio Annamaria Lo Brano, infermiera dell’ospedale Civico di Palermo con il doppio lavoro all’hub della Fiera del Mediterraneo, è seduta davanti al pubblico ministero Felice De Benedettis. Ad assisterla c’è il suo legale, l’avvocato Riccardo Marretta. Era ancora in carcere, mentre ora le sono stati concessi i domiciliari.

Confessione piena

Ammette tutte le finte vaccinazioni che gli vengono contestate. Disperdeva la dose su un batuffolo di cotone e i no vax andavano via con il certificato necessario per il green pass. A cominciare dal commerciante di detersivi Giuseppe Tomasino. Si erano conosciuti, così racconta, “ad una festa ad ottobre e mi chiedeva di dargli una mano in quanto era un no vax convinto e non voleva assolutamente effettuare il vaccino”. All’indomani dell’arresto Lo Brano disse di avere aiutato i no vax per amicizia, ora confessa di averlo fatto per soldi.

L’incontro nel negozio di detersivi

Ed ecco il primo omissis a coprire la parte del racconto fino al giorno in cui organizzarono un appuntamento nel negozio di Tomasino, in corso Pisani. C’erano anche Filippo Accetta, leader palermitano dei contrari al vaccino (pure lui sotto inchiesta), e un’altra persona di cui i pubblici ministeri coprono l’identità: “L’accordo concluso in quella sede era che io avrei procurato dei falsi certificati di tampone Covid con esito positivo riguardanti Tomasino, Accetta e due dei suoi figli in cambio di 50 euro per ciascuno di questi mentre omissis si sarebbe occupata dell’effettuazione o comunque dell’organizzazione delle false inoculazioni in cambio di 400 per ciascuno”.

“Il pagamento è avvenuto quella sera”

Dunque il personaggio misterioso sarebbe una donna. Lo Brano ricostruisce la consegna della mazzetta: “Il pagamento avvenne in quella sera… io percepì 200 euro per i tamponi oltre che altri 400 come ulteriore compenso quale partecipante all’accordo”.

GUARDA IL VIDEO DELLE FINTE VACCINAZIONI

In totale “i soldi, complessivamente 1.800 euro, venivano consegnati da Tomasino e Accetta nelle mani di omissis che poi una volta in auto dopo l’incontro mi dava la mia quota di 600 euro. L’accordo era stato così concluso in quanto se fosse infatti risultato che queste persone erano state in passato positive al Covid sarebbe bastato per loro l’effettuazione di una sola dose di vaccino per ottenere il green pass”.

“CI SONO ALTRI SANITARI CORROTTI”

I clienti delle finte vaccinazioni

Qui sarebbe entrato in gioco probabilmente un medico a fare da gancio fra Lo Brano e i “clienti della false vaccinazioni”. Tra questi c’erano un poliziotto e due donne spaventate dal vaccino e pronte a tutto per fare carte false. Fu la madre a contattare Lo Brano.

Sarebbe stata sempre la paura a spingere un’altra infermiera a partecipare alla messinscena della siringa vuota: “… aveva fatto regolarmente le prime due dosi con Pfizer e aveva paura della terza dose che sarebbe stata effettuata con il medicinale Moderna… abbiamo concordato che avrei simulato l’inoculazione… non ho percepito soldi”. Fu un favore a una collega.

“Sono pentita di quello che ho fatto”

“Voglio chiarire che sono pentita di quanto ho fatto agito così solo per il bisogno di denaro necessario per mantenere mio figlio e gli studi universitari – il verbale si conclude con queste parole -, sapevo che non avrei percepito per ragioni fiscali lo stipendio del mese di novembre”.

“MIA FIGLIA HA PAURA”

Gli omisiss coprono l’identità di altre persone coinvolte. Gli investigatori della Digos, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, stanno scandagliando il mondo dei no vax. Non si esclude che la voce dell’infermiera disposta a violare le regole imposte dalla legge e dalla professione corresse veloce. La verità è nella parte dei verbali che non conosciamo.


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