Palermo, imprenditore rapito e picchiato: 4 arresti

“Sgozziamo i bambini”. “Picchiato per i soldi”: l’imprenditore, l’incubo, i dubbi

La ricostruzione degli investigatori

PALERMO – È una storia di violenza e soldi quella sfociata in quattro arresti. In carcere erano finiti Davide Armanno, 40 anni, e Pietro Lupo, 44 anni. Ai domiciliari con braccialetto elettronico Mattia Falsone, 30 anni, e Benedetto Messina, di 40 anni.

L’ordinanza è stata emessa martedì 8 luglio, due giorni dopo lo scenario è totalmente cambiato. Lo stesso Gip ha deciso, infatti, di concedere i domiciliari ad Armanno e Lupo, il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa a Falsone, e ha scarcerato Messina. Sono tutti difesi dall’avvocato Giuseppe Seminara.

Preso a pugni nel parcheggio

Nel dicembre 2024 i poliziotti della squadra mobile acquisiscono le immagini delle telecamere di videosorveglianza del centro commerciale “I Leoni” che si trova nella parte alta di Corso Calatafimi. Un uomo era stato preso a pugni.

Gli investigatori lo identificano e lo convocano. Di fronte all’evidenza delle immagini racconta di essere stato aggredito altre volte. La sua vita è diventata un incubo. Ha fatto da tramite fra alcuni degli arrestati e degli albanesi per investire su una piattaforma Forex. Non è andata come speravano e sarebbero iniziate pressanti richieste di denaro.

“Costretto a versare 450 mila euro”

In quattro anni l’imprenditore avrebbe sborsato 450 mila euro, fra soldi in contanti e criptovaluta. Nel frattempo gli indagati sarebbero anche finiti nei guai giudiziari per colpa degli investimenti e probabilmente ritenevano che la colpa fosse dell’imprenditore.

Le minacce sono rimaste impresse nei messaggi Whatsapp: “Se non mi risolvi il problema ti vengo ad ammazzare a casa i bambini, tua moglie”; “Sgozziamo i bambini come maiali, manda i Bitcoin, trovali da qualche parte”.

L’imprenditore rapito e picchiato

La Procura della Repubblica delega nuove indagini e i poliziotti della Mobile, guidati dal dirigente Antonio Sfameni, avrebbero ricostruito un recente e inquietante episodio. Un giorno dello scorso giugno l’imprenditore sarebbe stato bloccato mentre era in scooter in via Goethe.

Gli tolsero cellulare, orologio e zaino e lo avrebbero costretto a salire su una Fiat Panda. Destinazione un magazzino lungo la strada che conduce da Altofonte a Piana degli Albanesi. Qui lo avrebbero picchiato e minacciato che se non avesse sborsato altri soldi lo avrebbero scaraventato dentro un pozzo coperto da una botola.

Il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Chiaramonte ha ritenuto credibile la ricostruzione dell’imprenditore – ma i riscontri sulla sua attendibilità proseguono – e su richiesta dei pm ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare.

“Possibili condotte truffaldine della vittima”

Dopo gli interrogatori garanzia, il quadro è cambiato. Il Gip scrive che “è emerso che le pretese di denaro avanzate dal Lupo e dai coindagati nei confronti della vittima erano fondate sulla esistenza di svariati procedimenti penali instaurati in Italia e all’estero nei confronti degli stessi, a seguito di condotte di tipo truffaldino che ila vittima avrebbe posto in essere nei loro confronti”.

Gli indagati hanno sostenuto che “la vittima sia in realtà il presunto responsabile di svariate società che avrebbero perpetrato truffe telefoniche sul trade delle monete virtuali in diverse paesi europei”. Sarebbero loro i veri truffati.


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