Jean Monnet, soldi veri ma lauree come 'carta straccia': indaga la Procura - Live Sicilia

Jean Monnet, soldi veri ma lauree come ‘carta straccia’: indaga la Procura

Salvatore Messina
I finanzieri sulle tracce dei flussi di denaro

PALERMO – “Alla luce delle informazioni giornalistiche e con riferimento all’atto di diffida del Ministero dell’Università e della Ricerca si ritiene di dover sospendere tutte le attività fino a quando non verrà chiarita la regolarità di tutte le azioni svolte dal Dipartimento di Studi Europei Jean Monnet”.

Così si legge sul sito. Attività sospese, ma ormai la bomba è esplosa. L’inchiesta giornalistica dell’edizione palermitana di “Repubblica” sfocia in un’altra inchiesta, quella della magistratura. La Procura di Palermo ha aperto un fascicolo coordinato dal procuratore aggiunto Massimo Palmeri e dal sostituto Vincenzo Amico. Il lavoro giornalistico si innesta su un’attività che la guardia di finanza aveva avviato in precedenza. Si erano già accesi i riflettori sui movimenti di denaro che porterebbero ad alcune società estere. Poi si è scoperto che a Palermo, e non solo, decine di studenti si sono ritrovati con un titolo di laurea che vale carta straccia.

Ilministero dell’Istruzione non ha rilasciato alcuna autorizzazione al “Dipartimento Jean Monnet”, con sede legale a Lugano. Si tratta della succursale svizzera della fondazione croata Zaklada Europa.

L’uomo chiave è Salvatore Messina, volto noto alle cronache. Nel 2011 tra prescrizioni e assoluzioni si chiuse una vicenda nata nella seconda metà degli anni Novanta. Messina era l’organizzatore di corsi di formazione finanziati dall’Unione europea attraverso la Regione siciliana. L’accusa era che attraverso alcune società con sede in Francia e Inghilterra parte dei finanziamenti per milioni di euro fossero finiti nei paradisi fiscali.

Ora il suo nome torna alla ribalta. L’offerta formativa Jean Monnet, avviata un paio di anni fa e “realizzata dalle Università partner in Bosnia Erzegovina”, si presentava ampia. Tra i trentacinque corsi dell’offerta formativa in ambito sanitario i più costosi erano quelli delle scuole di specializzazione per laureati in medicina, odontoiatria, fisiatria e veterinaria: 26 mila euro all’anno. Un po’ meno, 24 mila euro all’anno, per i corsi di laurea e master in comunicazione e formazione, business management e turismo. Tra i corsi di laurea più singolari c’erano quelli per maitre d’hotel e capo ricevimento al costo di 5 mila euro all’anno.

Lezioni e teoria on line, pratica “in strutture convenzionate in Italia”, recitava il sito. ufficiale. Qui la faccenda si complica perché tra le strutture figurano gli ospedali Civico e Buccheri La Ferla di Palermo (che in questi giorni hanno sospeso i tirocini dei giovani provenienti dal Jean Monnet), il Giglio di Cefalù, il Cannizzaro di Catania, le Asp di Palermo, Caltanissetta, Agrigento e Trapani, e una serie di cliniche private. Senza contare la sfilza di convenzione con enti pubblici e privati.

La vicenda ruota sul mancato riconoscimento e l’utilizzabilità in Italia del percorso di studi. “Tutti i titoli universitari rilasciati dalle Università partner – c’è scritto nella brochure – sono ammessi alla procedura di equipollenza in Italia ai sensi della legge n. 14 del 10 febbraio 2015 pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana del 3 marzo 2015 che dà esecuzione all’accordo di cooperazione nel campo della cultura, dell’Istruzione e dello sport fra la Bosnia Erzegovina e l’Italia e stabilisce il riconoscimento dei titoli universitari per equipollenza diretta”.

In realtà, l’articolo 9 di quell’accordo recita: “Le due parti concordano che possono essere ammessi a procedure di riconoscimento in ognuno dei due Paesi i titoli accademici rilasciati dalle Istituzioni universitarie dell’altro Paese a seguito di corsi di studio ordinari e completi previsti per la generalità degli studenti e svoltisi interamente in sedi universitarie statali o legalmente riconosciute” e “una definitiva regolamentazione della materia potrà essere stabilita da uno speciale accordo bilaterale“.

I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno raccolto le prime denunce degli studenti dopo gli articoli di Repubblica. Hanno raccontato di essersi fidati, attratti dai nomi noti dei docenti e dalla collaborazione con strutture sanitarie pubbliche.

La Procura ha aperto un fascicolo. Si indaga soprattutto sui flussi finanziari e sui canali esteri. Si parla di un giro di 20-30 milioni di euro. Qualcosa non tornava già da tempo.

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