“Nella manovra dovrebbero esserci solo tre parole: crescita, equità e giustizia sociale. E non ci fermeremo finchè questa manovra inaccetabile non verrà cambiata e finchè non verranno cambiati anche gli esponenti politici che stanno rendendo ridicolo agli occhi del mondo il nostro Paese. Dobbiamo avere l’energia di mettere tutte le forze in campo”. Tuonano vigorose le dichiarazioni che si susseguano dal palco di piazza Verdi, con uguale successo di pubblico, del segretario della Fiom, Maurizio Landini e di Maurizio Calà, segretario della Cgil Palermo, che si scagliano contro le misure contenute nella manovra del governo nazionale. E’ il motivo per cui il sindacato sciopera.
“Per quelli che dicono che la Cgil è isolata rispondiamo che oggi gli isolati sono quelli che non sono venuti. La Cgil combatterà anche nel fango, perchè abbiamo la testa alta e la schiena dritta e nel fango non ci stiamo”, si urla dal palco. È mezzogiorno e se a tratti la piazza sembra non troppo piena è solo perchè sono tutti ai bordi: si ricerca un po’ di riparo dal sole, sotto le mura, i gazebi o sotto gli alberi. I lavoratori e gli studenti scesi a manifestare sono migliaia. Sventolano le bandiere del Sel, dell’Idv e di Rifondazione. Oltre a quelle della Cgil, naturalmente.
Tra un po’ di fetore del letame dei cavalli misto all’odore dello sfincione dell’immancabile carretto, Calà fa una rapida carrellata dei problemi caldi: fisco, sanità, assistenza, ricerca, lavoro, contributo di solidarietà, finanche le feste civili “che il nostro governo vuole cancellare come tutti i luoghi in cui la gente si ritrova. Per attuare la disgregazione nel Paese”, dice. Si accenna anche alla patrimoniale “bisogna che si paghi in base ha ciò che si ha, non a ciò che si dichiara di avere”, alla “Robin tax” scaldando il pubblico.
C’è qualche momento di tensione, quando alcuni autonomi del sindacalismo di base (Usb) e dalla sigla ‘Spezzone sociale’, che raggruppa studenti medi e universitari di sinistra, bruciano le bandiere della Cisl e della Uil. “Non c’é posto per gli infami Bonanni e Angeletti, non c’é spazio per sindacati venduti nel tempo della crisi”, scrivono in una nota gli esponenti di “Spezzone sociale”. Nota della Cisl. “Le bandiere bruciate testimoniano di “un cordone ombelicale che lega assieme, sulla deriva dell’antagonismo, Cgil, Fiom e centri sociali. La Cgil prenda le distanze senza se e senza ma, da fatti che, oggettivamente, sono antidemocratici e incivili. La Cgil non può nutrire chi brucia bandiere e, con le bandiere, i valori di rispetto e tolleranza che fondano la nostra democrazia. Prenda le distanze senza se e senza ma, e con estrema chiarezza. Tagli il cordone ombelicale che lega assieme confederazione, Fiom e centri sociali, in una linea sempre più antagonistica, irresponsabile, conflittuale”.
Ma il clima è complessivamente tranquillo. Tra la folla si sentono discorsi animati, interrotti qualche volta da applausi. “Ci sarà una ragione per cui 2000 sindaci, anche di destra, hanno definito inaccettabile questa manovra. In un Paese dove il 90% delle entrate sono a carico dei lavoratori e pensionati, dove c’è un livello di corruzione e illegalità che non ha mai avuto eguali, dove la politica non fa gli interessi del Paese, non si può restar fermi perchè i diritti sono di tutti, non sono di nessuna siglia sindacale. Questa piazza chiede il cambiamento. Ci sono dei diritti che non sono nè vendibili, nè comprabili, ma solo da difendere”. Appluasi e le note di “Viva l’Italia” di De Gregori chiudono la manifestazione. “Viva l’Italia, l’Italia liberata, l’Italia del valzer, l’Italia del caffè…”.
(Nella foto un momento della manifestazione)