Si gonfiano il petto quando in pasticceria ritirano le cassate al posto dei soldi del pizzo, quando impongono al pescivendolo una ‘tassa’ di un euro per ogni chilo di sarde vendute nella bancarella abusiva, quando il papà del nuovo capomafia si porta via, senza pagare e con l’arroganza di chi comanda, ciliegie e pesche al negozio di frutta e verdura.
L’ultimo blitz antimafia fa gioire e rabbrividire. Si gioisce pensando che un tempo a Brancaccio regnavano i potenti e stragisti fratelli Graviano, mentre oggi i nuovi boss arrancano. Merito, in questo caso, della polizia e dello Stato che sta vincendo la battaglia contro Cosa Nostra. È un’altra battaglia, quella sociale, che stiamo perdendo se è vero, e lo è, che nelle periferie di Palermo vige ancora la legge del più forte. E non importa se il potere del più forte vacilla. A Fabio Scimò, nuovo capo della famiglia di Corso dei Mille, bruciarono macchina e furgone. Che sgarbo.
Il livello criminale dei nuovi boss, per stessa ammissione degli inquirenti, si è abbassato grazie all’incessante lavoro di magistrati e forze dell’ordine. E allora non si può non rabbrividire di fronte all’immagine di una mafia che sprofonda trascinando nel baratro una fetta di città proprio nel momento in cui servirebbe un colpo di reni per il riscatto definitivo. Perché questa mafia, anni luci lontana dalla forza militare dei Graviano, continua a spaventare? La mafia resta pericolosa non solo per le sue capacità criminali, ma per l’incapacità altrui di reagire. In molti casi addirittura manca la volontà di reazione. In un contesto simile non sarà certo la ribellione al racket del pescivendolo di turno a cambiare lo stato delle cose.
La mafia che arranca è ancora seduttiva. Recluta nuova manovalanza tra i picciotti che si accontentano di poche centinaia di euro al mese. Mafiosi e non mafiosi si guardano in faccia, si annusano e infine si riconoscono come simili. Vivono nello stesso vuoto culturale, pensano e agiscono alla stessa maniera.
La seduzione del male è la conseguenza dell’immedesimazione. È una pianta sempre verde che non si estirpa con la sola fase repressiva dei blitz. Altrimenti lo Stato avrebbe già vinto la guerra, e non la battaglia, contro Cosa Nostra. I vecchi boss sono in carcere da una vita e qualcuno in cella c’è pure morto. I nuovi mafiosi sono al carcere duro o ci finiranno presto. I carabinieri hanno fermato la riorganizzazione della cupola del dopo Riina. Assieme a finanzieri e poliziotti indagano sui soldi investiti nell’apertura di tante attività commerciali e imprenditoriali e sui patrimoni dei vecchi potentati mafiosi investiti chissà dove. C’è una mafia che si muove in silenzio, ha cambiato pelle e vede nel pizzo un lavoro sporco da delegare ad altri. Ad esempio a boss come Scimò, che continua a regolare la vita nel sottobosco della criminalità un tempo chiamata mafia.