PALERMO – Il movente resta un giallo. Chi conosce bene la vittima, però, apre una breccia investigativa. Alì El Abed Baguera, tunisino di 32 anni, potrebbe avere fatto fuoco contro Badr Boudjemai, algerino che di anni ne aveva 41, per un pugno di clienti in più.
Ristoranti di fronte
La vittima lavorava al ristorante “Appetì” in via Emerico Amari, l’uomo in stato di fermo al “Magnum”. I due locali si trovano uno di fronte all’altro. I carabinieri hanno raccolto una serie di testimonianze. Qualcuno ha raccontato che non molto tempo fa c’è stata una lite fra i due. Si contendevano i clienti facendo i “buttadentro”.
Palermo si è adeguata a tante altre località turistiche. Davanti ai ristoranti stazionano gli impiegati che invitano i clienti ad accomodarsi ai tavoli. Cercano di stuzzicarli con l’elenco delle pietanze e i prezzi. Vittima e presunto assassino si contendevano i turisti che sbarcano al porto. Durante una serata di lavoro sarebbe sorto un diverbio. Ora bisogna ricostruire il precedente episodio e capire se ci sia un collegamento con l’omicidio commesso nella notte fra venerdì e sabato scorso.
“Dinamica chiara”
Si può uccidere per una banale lite? I dubbi restano. Non ce ne sono invece sulla dinamica dell’omicidio. La Procura ha disposto l’acquisizione delle immagini delle telecamere disseminate lungo via Roma. Si vede l’assassino attendere nascosto che Samir lasci il locale per poi seguirlo a piedi, sparare tre colpi (due alle spalle e uno alla nuca) e allontanarsi prima tornando indietro lungo via Roma e poi imboccando le traverse laterali. Il revolver usato per il delitto non è stato ancora trovato. Su cosa sia accaduto dopo, quando l’assassino non era più inquadrato, continuano a indagare i carabinieri del Reparto operativo e della compagnia di piazza Verdi.
L’assassino potrebbe avere contato sull’aiuto di un complice. Ci sono forti sospetti su un suo parente. Il prossimo passaggio è la convalida dell’arresto da parte del giudice per le indagini. Il provvedimento di fermo è firmato dal procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Ennio Petrigni e dal sostituto Vincenzo Amico. L’accusa è omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione.