PALERMO – Sembrava una proposta vantaggiosa per risparmiare sul prezzo dell’energia elettrica. Un toccasana contro il caro bolletta, incubo delle famiglie, ed invece si è rivelata una beffa. I consumatori si sono mossi in blocco: in 300, ma i casi potrebbero essere molti di più, hanno fatto causa ad una società di servizi trevigiana, “sparita” nel nulla dopo avere stipulato contratti per un milione e mezzo di euro, e due finanziarie.
Ad avanzare l’allettante proposta commerciale era stata la “E+E spa”. Proponeva un piano di efficientamento energetico con il controllo automatico sui consumi di energia elettrica. Per risparmiare era prevista pure la condivisione di una quota energetica (fornitura a prezzo bloccato), molto più economica di quella offerta dagli abituali fornitori.
Tutto si basava sull’intermediazione di E+E che garantiva l’emissione di energia verde. Si poteva pagare subito o a rate grazie agli accordi con due finanziarie. I costi andavano da 8 mila a 40 mila euro, a secondo del tipo di contratto firmato.
Per ottimizzare il tutto ai clienti era stato fornito un sistema “domotico” che si collegava al misuratore di corrente e che consentiva al cliente di controllare e gestire i consumi. A completare il kit anche una App per il controllo a distanza.
La E+E spa, poi divenuta E-Power SpA ed infine la E+E BV con sede ad Amsterdam, all’inizio ha davvero garantito bollette scontate. Dopo circa due anni la società, però, ha interrotto in servizi. Tutti i clienti si sono visti recapitare una comunicazione da “Acquirente Unico – Servizio Elettrico Nazionale”. Il messaggio era chiaro: “Avviso di risoluzione del suo contratto di fornitura dell’energia elettrica e attivazione del servizio di maggior tutela”.
In sostanza il contratto la E+E veniva risolto e per garantire la continuità della fornitura di energia elettrica interveniva la società Servizio Elettrico Nazionale Spa.
Al danno si è aggiunta la beffa. Perché i consumatori hanno dovuto iniziare a pagare sia i costi dell’energia che le rate alle società finanziarie, visto che i contratti firmati andavano onorati.
Da una perizia è emerso che gli apparati venduti, reperibili facilmente in qualsiasi store on line, altro
non erano che amperometri o interruttori intelligenti che non servivano ad altro che a monitorare i consumi di corrente elettrica, e ad accendere o spegnere a distanza uno o più apparati. Apparati, che neppure sono stati installati.
Da qui la decisione di fare causa, affidandosi agli avvocati Giuseppe Grammatico e Concetta Scarpulla. Primo passo: la diffida nei confronti E+E che non ha risposto e dunque il contratto è stato dichiarato risolto per grave inadempimento.
Secondo passo: chiedere che anche le finanziarie facessero la stessa cosa. Una richiesta non accolta. Il tentativo di mediazione non è andato a buon fine ed è stato incardinato un giudizio innanzi al Tribunale di Palermo.
Nelle more del giudizio molti dei consumatori hanno revocato le disposizioni di pagamento in favore delle società finanziarie e sono stati inseriti, nonostante le diffide a non farlo, nella centrale rischi dei cattivi pagatori. Sono pure iniziate le operazioni di recupero credito.
Circa 300 consumatori sono coinvolti in due procedimenti civili. Nel frattempo è stata avanzata istanza cautelare per ottenere dal giudice l’ordine di cancellazione dei consumatori dalle “black list”.
Gli avvocati Grammatico e Scarpulla hanno chiesto al Tribunale di “accertare e dichiarare che l’inadempimento della società fornitrice è da ritenersi grave; consequenzialmente dichiarare risolti i contratti di finanziamento ed ordinare alle società finanziarie la restituzione di tutto quanto già versato dai consumatori dall’inizio e fino all’ultimo pagamento effettuato”.