Palermo, “Non c'è Dio che lo perdona”: le nuove leve mafiose

“Non c’è Dio che lo perdona, prende le legnate”: le nuove leve mafiose

Pestaggi e affiliazioni: la palestra di Cosa Nostra

PALERMO – Il più anziano dei 181 arrestati di ieri, Giuseppe Cappello, mafioso del rione Borgo Molara, ha quasi novant’anni. I più giovani poco più di 20. Nei due estremi anagrafici c’è la fotografia di Cosa Nostra oggi a Palermo. I vecchi non si fanno da parte, anzi tornano al comando nonostante le lunghe condanne.

La nuova linfa arriva, però, da giovani pronti a tutto pur di mostrare di essere al livello dei grandi. La palestra mafiosa sono diventati i pestaggi. Chi supera l’esame può ambire a salire i gradini per diventare uomo d’onore.

A lezione di pizzo

Uno dei tanti esempi di nuova affiliazione è stato registrato dai carabinieri, in diretta, nel mandamento mafioso di Pagliarelli. La famiglia di Corso Calatafimi decise di affidare a Vincenzo Cascio, 37 anni, il ruolo di esattore del pizzo. Andò a lezione da Paolo Suleman, che della famiglia è stato il reggente, e Giuseppe Marano.

“Vieni qua, posa questo telefono. Vieni qua che ti insegno, ti comincio a insegnare qualche cosa, tu senti parlare a me – gli spiegava Marano – fai parlare a lui che questo lui lo capisce, man mano che vai camminando… devi essere scaltro, umile, fai parlare sempre a lui, l’ultima versione è sua… se semini raccogli”.

Suleman era ancora più esplicito: “Tu siggi (incassa ndr)… non rispondere a nuddu… sempre occhi alla via… qua i picciuli ci vogliono, i picciuli. Cammina dietro a me”.

“C’è un picciotto bravo”

Anche nel mandamento di Santa Maria di Gesù il detenuto ergastolano Francesco Pedalino, uno degli assassini di Mirko Sciacchitano, discuteva dell’arruolamento di Guido Riccardi, 39 anni. Lo faceva con una videochiamata dalla cella. Erano felici della scelta. A differenza delle reclute degli anni precedenti, era ritenuto all’altezza del ruolo. Su di lui riponevano grandi speranze.

Così dicevano gli interlocutori di Pedalino: “C’è un picciuotto ri nuatri, tu non lo conosci, che è attivo, Guido si chiama, è bravo a confronto di quello che c’era di qualche anno indietro, credimi… è trecento volte meglio… Guido è in gamba. La prima volta arristaru poi nisciu, a secunna vuota arristaru e nisciu… e pensava che c’è un futuro… ce l’ha nel sangue lui questa vita diciamo… capiscimi quello che ti voglio dire… e ti sto dicendo che è serio… pi mia è ottimo diciamo… di quello che c’è stato… e speriamo per un futuro”.

Massacrato a botte

Nunzio Selvaggio e Giuseppe Campisi, entrambi di 27 anni, avrebbero pestato in via Regina Bianca, piccola stradina nel rione Zisa, un uomo accusato di aver “parlato troppo”. Millantava connivenze con dei pregiudicati. Lo massacrarono di botte mentre altri si godevano lo spettacolo senza muovere un dito. I parenti della vittima non batterono ciglio. Al contrario si scusarono e si interrogavano su cosa fare per evitare ulteriori guai: “Diglielo che gli dice che fu un incidente stradale… magari si fa fare l’assicurazione… perché è caduto ed ha sbattuto nella macchina, hai capito?”.

Pestaggio live con il cellulare in cella

Nell’ottobre 2023 una discussione era finita a pugni in una sala da barba nella zona dei Cappuccini, non lontano da corso Calatafimi. Scattò la vendetta ordinata dal carcere dai detenuti Calogero e Calogero Pietro Lo Presti, zio e nipote.

I due mandanti assistettero in diretta alla spedizione punitiva grazie all’immancabile videochiamata. La fase preparatoria sarebbe stata affidata a Francesco Cataldo e Jessica Santoro. Il lavoro sporco lo avrebbero fatto Carmelo Caccamese, Cristian D’India e Vincenzo Di Cristina. Tranne Caccamese, che ha 46 anni, tutti gli altri hanno età comprese fra 23 a 32 anni.

“Ora non c’è Dio che lo perdona, dice, le deve prendere tutte le legnate”, spiegava la donna. Che si rammaricava di non avere potuto “scricchiare la testa (della vittima ndr) a terra”. Giovani e spietati.


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