PALERMO – La sentenza diventa definitiva per tre boss. Per il quarto imputato di estorsione si dovrà celebrare un nuovo processo di appello. Lo ha deciso la Cassazione. La difesa si è accorta che il suo nome è scomparso dalla motivazione della sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello di Palermo.
Di Simone La Barbera, che aveva avuto tre anni e otto mesi, non si faceva menzione. Si era persa traccia nella stesura dell’atto. Era come se l’imputato non esistesse più. Da qui l’annullamento con rinvio da parte dei supremi giudici. Si deve ripartire dal processo di secondo grado, dunque, per l’imputato difeso dagli avvocati Antonio Di Lorenzo e Filippo Liberto.
Diventano invece definitive le condanne per Pietro Merendino, capomafia di Misilmeri (18 anni), Francesco Fumuso di Villabate (12 anni e mezzo), e Stefano Polizzi di Bolognetta (17 anni.
Si tratta del troncone celebrato con il rito ordinario nato dall’inchiesta “Cupola 2.0” che nel 2018 scompaginò la riorganizzazione della nuova mafia. Tutti gli altri imputati hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato e il processo si è chiuso da tempo.
Nello stesso dibattimento in appello era stato assolto Pietro Lo Sicco di Capaci, che in primo grado aveva avuto 10 anni, e condannato Giusto Amodeo a 3 anni e 4 mesi. Per entrambi non era stato presentato ricorso in Cassazione.

I carabinieri del Nucleo investigativo, coordinati della Direzione distrettuale antimafia, svelarono la rifondazione di Cosa Nostra dopo la morte di Totò Riina.
Contro gli imputati c’erano anche le dichiarazioni degli imprenditori vittime del pizzo. Uno storia era fuori dagli abituali schemi. Un operaio si infortunò sul lavoro. Pretendeva un risarcimento di 140 mila euro che poi scese a 80 mila euro e infine a 45 mila. Iniziarono pressioni e continue telefonate.
Ad un appuntamento si fece accompagnare da Merendino. “Volevano soldi in contanti, 500 euro al mese, ma io gli dicevo ‘siamo a terra’ non abbiamo neanche i soldi per mangiare – disse disse in aula rispondendo al pubblico ministero Gaspare Spedale -. Una volta gli ho dato 400 euro, li ho tolti di bocca alla mia famiglia”.
Merendino cercò di mettere una buona parola per trovare un accordo fra le parti. Lo avrebbero costretto a chiedere un prestito di 24.000 euro ad una società finanziaria con la scusa di acquistare un’autovettura.
Di Simone La Barbera si è parlato molto anche per un’altra vicenda. È stato infatti assolto di tentata estorsione aggravata e minaccia nei confronti della sorelle Napoli di Mezzojuso che da anni denunciano di essere bersaglio di intimidazioni per costringerle a cedere l’azienda agricola.