PALERMO – Usciti dal carcere si accorsero che qualcosa di importante era cambiato. C’era un nuovo capo del quale non avevano alcuna intenzione di riconoscere l’autorità.
Renzo Lo Nigro e Carlo Castagna, di nuovo arrestati nell’ultima operazione della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, sapevano di dover fare buon viso a cattivo gioco. Alla luce del sole lasciavano intendere di rispettare il nuovo capo, Giuseppe Romagnolo, mentre sottobanco traccheggiavano per riprendersi in mano il potere. Funzionava più o meno così nel mandamento della Noce.
La mafia, fiaccata dai blitz, prova a resistere nella sua struttura gerarchica. Lo Nigro e Castagna, con il patentino mafioso in tasca, mal digerivano che un illustre sconosciuto (o quasi) come Romagnolo (un tempo venditore di scarpe) avesse messo la freccia scavalcandoli durante la loro assenza forzata.
Chi aveva scelto il boss Romagnolo?
Chi aveva scelto Romagnolo facendogli svestire, così dicevano gli indagati intercettati, i panni dell’uomo d’onore riservato? Fu costretto a uscire dall’ombra, altrimenti quelli come lui “duravano cent’anni”. Era un “ciuriddu” (altra parola usata per definire Romagnolo), un piccolo fiore sbocciato nel panorama mafioso.
Per merito di chi? Secondo Lo Nigro, sarebbe arrivata una “palummedda” dal carcere al boss di Altarello di Baida Pietro Tummina, prima che quest’ultimo venisse arrestato nel 2022. Il mittente non era l’ultimo dei capimafia, ma Raffale Ganci. La scelta di Romagnolo sarebbe stato uno degli ultimi ordini del padrino deceduto a 90 anni in ospedale, a Milano, dove era stato trasferito direttamente dal 41 bis sempre nel 2022.
La palummedda di Ganci
Di Ganci si era fidato ciecamente anche Salvatore Riina tanto da avergli affidato la gestione della sua latitanza: “Io ho la Noce nel cuore”, ripeteva il capo dei capi. Un irriducibile ergastolano di Cosa Nostra, che aveva rinnegato pubblicamente il figlio Calogero Ganci divenuto collaboratore di giustizia.
Lo Nigro intercettato dai poliziotti della squadra mobile lasciava intendere di avere saputo dallo stesso Tumminia l’identità di colui che lo aveva autorizzato a decidere chi dovesse assumere il controllo della famiglia mafiosa della Noce (“Lui allora mi disse così”). “Da quanto tempo è che è morto?”, chiedeva ad Angelo Picone. “Allora lui è. Allora lui è… Angelo lui è”, diceva Lo Nigro.
“Lazzu e a strummula”
Angelo Picone è figlio del vecchio boss Franco, arrestato nel 2006 nel blitz Gotha che tolse l’acqua in cui sguazzava Bernardo Provenzano. Nei pizzini del padrino corleonese emergeva il ruolo di Picone alla guida del mandamento. Picone sta scontando vent’anni di carcere ai domiciliari per gravi problemi di salute.
Picone jr mostrava perplessità sul coinvolgimento di Ganci nella scelta di Tumminia: “È impossibile che questa persona possa andare contro mio padre è impossibile perché… erano u lazzu e a strummula”.
Riflettendoci anche lui alla fine credette che le cose sarebbero andate veramente così. D’altra parte Tumminia, arrestato il 19 maggio 2022, era l’unico pezzo grosso libertà dopo l’arresto di Carmelo Giancarlo Seidita e Guglielmo Ficarra.
Romagnolo si ritrovò con il bastone del comando per buona pace dei dissidenti che avrebbero preferito un metodo più democratico. “Queste cose si fanno a votazione a meno che non ci siano delle motivazioni specifiche”, dicevano.
”Incravattato è?”
La scelta soprese pure i boss di altri mandamenti come Nunzio Serio, capomafia di San Lorenzo. Un giorno sarebbe stato contattato da un emissario di Romagnolo. Siccome non sapeva chi fosse chiese a Carlo Castagna la più banale delle informazioni: ”Incravattato è?”.
Castagna riferì a Lo Nigro la risposta imbarazzata che diede a Serio: “Gli ho detto che non ti so dire… per non dire… sono cose che io non ti posso dire”. Lo Nigro commentò con altrettanto imbarazzo: “Bedda matri”. Da qualche giorno sono tutti finiti in carcere nell’ennesimo blitz su richiesta del Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Marzia Sabella e del sostituto Giovanni Antoci.