Palermo, mafia: condannati e assolti, i Fontana lasciano il 41 bis

Palermo, mafia: condannati e assolti, i Fontana lasciano il 41 bis

Cade una grossa fetta delle accuse della Procura. Gli imputati erano 67

PALERMO – Non sono i boss dell’Acquasanta. I fratelli Angelo, Giovanni e Gaetano Fontana, sono stati assolti e devono essere subito scarcerati. Ad oggi sono ancora detenuti al 41 bis. Assolte anche la sorella Rita e la madre Angela Teresi.

Gli avvocati Valerio Vianello, Jimmy D’Azzò, Vincenzo Giambruno, Alessandro Martorana, Monica Genovese e Gianluca Corsino incassano il successo più rilevante al processo che ha visto cadere l’accusa che i Fontana fossero rimasti al vertice della famiglia mafiosa.

Regge invece l’ipotesi che a gestire il potere siano stati i Ferrante, che con i Fontana sono imparentati. La sentenza è del giudice per l’udienza preliminare Simone Alecci, che anche nel caso dei condannati ha rivisto al ribasso le richieste della Procura.

Il maxiblitz dei finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria nel 2020 portò in carcere, tra gli altri, l’intero nucleo familiare dei Fontana.

I fratelli Fontana sono figli di Stefano, reggente della famiglia dell’Acquasanta e oggi deceduto, che ha passato il bastone del comando a Gaetano. Dal 2010, dopo avere finito di scontare una condanna per mafia, era sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Milano. La Procura aveva tratteggiato il suo ritorno al potere. Il giudice è stato di avviso opposto.

Cugini in lotta

Non regge l’accusa Gaetano Fontana dettasse gli ordini e Giovanni Ferrante li eseguisse. Alleati, cugini ma anche pronti a sfidarsi. Le due famiglie sono arrivate ai ferri corti, se è vero quello che alcuni affiliati del clan consegnarono, senza saperlo, alle microspie dei finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria. Il padre di Gaetano aveva convocato Ferrante per rimproveralo: “… c’era Giovanni che era tramutato… quello in ginocchio si ci è messo… lo zio Stefano… e piangeva ‘perdono’… gli fa dice: ‘Alzati… alzati”.

Un solo pentito è credibile

Il processo ha segnato lo scontro, anche verbalmente violento, fra i due imputati che hanno collaborato con la magistratura. Sono volano insulti: “Buffone”, “munnizza”, “fognatura”. Ferrante è stato ritenuto attendibile dai pubblici ministeri, Fontana no soprattutto perché ha negato di avere fatto parte delle recente Cosa Nostra.

A Ferrante è stata ora riconosciuta l’attenuante della collaborazione. Ed è uno dei punti chiave per chiarire il quale si dovrà attendere la motivazione. Il riconoscimento della sua collaborazione appare in contrasto con l’assoluzione dei Fontana.

Gli imputati condannati e le pene

Ecco l’elenco completo delle condanne: Sergio Napolitano 12 anni, Pietro Abbagnato 3 anni, Fabrizio Basile 12 anni continuazione con una precedente condanna, Cristian Ammirata 1 anno, 6 mesi e 20 giorni, Fabio Chiarello 4 anni, 10 mesi e 20 giorni; Andrea Ciampallari, Salvatore Ciampallari 4 anni, 10 mesi e 20 giorni; Salvatore Ciancio 8 mesi, Letizia Cinà 6 anni e 10 mesi, Giampiero D’Astolfi 8 anni e 2 mesi, Antonino Di Vincenzo 1 anno, 6 mesi e 20 giorni; Giovanni Di Vincenzo 5 anni e 8 mesi, Francesco Ferrante 1.000 euro di multa, Francesco Pio Ferrante 9 anni, Giovanni Ferrante 8 anni (gli è stata riconosciuta l’attenuante della collaborazione con la giustizia), Michele Ferrante 12 anni, Gaetano Fontana 1 anno 6 mesi, Giovanni Fontana 1 anno e 8 mesi, Giuseppe Gambino e Nunzio Gambino 6 anni e 8 mesi ciascuno, Giovanni Giannusa 1.000 euro di multa, Salvatore Giglio 8 anni e 2 mesi, Roberto Giuffrida 6 anni e 8 mesi, Ivan Gulotta 5 anni, Roberto Gulotta 10 anni, Giovanni Mamone 1 anno e 4 mesi, Domenico Onorato 12 anni, Santo Pace 12 anni, Domenico Passarello 12 anni, Pierfulvio Pecoraro 1 anno e 4 mesi, Michela Radogna 1 anno e 4 mesi, Liborio Sciacca 12 anni.

Gli imputati condannati dovranno risarcire le parti civili Federazione associazioni antiracket, Centro studio Pio La Torre, Solidaria Onlus, Sos imprese, Confesercenti, Confcommercio, Sicindustria, Associazione Antonino Caponnetto, Comune di Palermo, assisiti fra gli altri dagli avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro.

Parte civile si era costituito anche l’imprenditore Massimo Monti, assistito dall’avvocato Rosario Milazzo, che ha denunciato di avere subito un’estensione. A Monti spetta il risarcimento dei danni.

Gli assolti

Lorenzo Badalamenti, Salvatore Badalamenti, Tommaso Bassi, Giulio Biondo, Antonino Bonura, Stefano Calafiore, Filippo Canfarotta, Riccardo Colombo, Giuseppe Corona, Paolo Attilio Remo Cotini, Danilo D’Ignoti, Lorenzo Di Salvo, Leonardo Disato, Francesco Charles Fabio, Laura Fabio, Ignazio Ferrante, Angelo Fontana, Rita Fontana, Filippo Lo Bianco, Davide Matassa, Gaetano Pensavecchia, Luigi Pensavecchia, Raffaele Pensavecchia, Gaetano Pilo, Domenico Pitti, Vittorio Pontieri, Massimiliano Regge, Carmelo Rubino, Rosolino Ruvolo, Daniele Santoianni, Monica Schillaci, Giuseppe Spallina, Angela Teresi, Gianluca Panno, Emilia Passarello, Daniele Santoianni.

Gli assolti erano difesi dagli avvocati Tommaso De Lisi, Roberta Minotti, Teresa Todaro, Giovanni La Bua, Antonio Turrisi, Salvatore Ferrante, Domenico La Blasca, Valentina Castellucci, Alessandro Martorana, Salvatore Di Maria, Claudio Giambruno, Angelo Formuso, Luigi Montagliani, Giampiero Biancolella e Marcello Montalbano, Antonio Di Lorenzo, Salvatore Aiello, Gaetano Turrisi, Giuseppe Meli.


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