I "ferri" sempre a portata di mano: Palermo, troppe pistole in giro

I “ferri” sempre a portata di mano: Palermo, troppe pistole in circolazione

La sparatoria in via Isidoro La Lumia
Depositi di armi e laboratori per modificarle

PALERMO – Mettendo in sequenza gli ultimi fatti di cronaca emergere un’inquietante certezza: a Palermo è facile armarsi. I giovani dello Zen sono andati a Monreale con le pistole nel borsello e non hanno esitato a fare fuoco contro Andrea Miceli, Salvatore Turdo e Massimo Pirozzo.

I “ferri” a portata di mano

Ci sono depositi di armi nascosti chissà dove e laboratori per modificare le pistole giocattolo affinché diventino strumenti di morte. Ad ogni indagine di mafia salta fuori la disponibilità di armi. Alessio Puccio, soldato del mandamento di Porta Nuova era stato chiaro: i capimafia avevano detto di tenere sempre i “ferri” a portata di mano.

L’armiere del Villaggio Santa Rosalia

“Qua al Villaggio vado… non è che puoi fare domande questa è stata usata non è stata usata”, diceva Filippo Cimilluca di Ciminna. Che aggiungeva: “Io l’ultima volta bellissima, nuova, nuova”.

Secondo la Procura di Palermo, l’uomo stava parlando della pistola che doveva comprare da qualcuno nel rione Villaggio Santa Rosalia di Palermo. Il destinatario finale dell’arma era Salvatore “Sal” Catalano, 83 anni, boss della “Pizza Connection”, quando negli anni Ottanta la mafia esportava eroina da Palermo negli Stati Uniti.

Pistole a Palermo

Nelle conversazioni intercettate discutevano di armi “a canna corta e lunga” comprate l’anno scorso. Il quartiere è lo stesso dove è stato trovato l’arsenale dell’uomo considerato un punto di riferimento in città per chi cerca un’arma.

Antonino Adelfio, pregiudicato di 55 anni, nascondeva in un garage di via Filippo Marini quattordici tra revolver e pistole semiautomatiche, 1.431 tra cartucce, bossoli e proiettili, 8 caricatori e 4 silenziatori. Erano nascosti in un’intercapedine ricavata nel controsoffitto.

Dopo averlo arrestato i finanzieri hanno perquisito la sua villa in via Francesco Zerilli a Ciaculli. Aveva allestito un laboratorio per modificare e fabbricare le armi.

L’ex guardia giurata

L’anno scorso una ex guardia giurata fu arrestata e poi condannata con l’accusa di avere simulato il furto di alcune pistole per venderle al mercato nero. Il mese scorso sono stati individuati quattro acquirenti. Sono tutti del rione Zen.

Il vigilante aveva comprato in un anno 57 armi e 600 munizioni, mai state segnalate alla polizia. Pistole semiautomatiche calibro nove e fucili a pompa, comprati regolarmente nelle armerie della città e della provincia, non registrati e rivenduti ai mafiosi del mandamento di Resuttana, agli spacciatori dello Zen, di Brancaccio e alla criminalità comune della città.

“Me la devo portare?”

Possedere un’arma è motivo di vanto. “Dimmi una cosa, me la devo portare?”, chiedeva Daniele Segreto mostrando una pistola in videochiamata. Ne aveva già due, ma “non ti nego che le altre davvero me le comprerei”. Segreto, indicato dagli investigatori come uomo di fiducia del boss di Porta Nuova detenuto Calogero Pietro Lo Presti, era fra i presenti alla discoteca Notr3 nella notte in cui Matteo Orlando uccise Rosolino Celesia a colpi di pistola nel dicembre 2023.

“Agli atti anche una conversazione intercettata di Lo Presti che dice: “c’è… ci sono… ce n’è di tutti…(..inc..) ci sono… ci sono… conservate sono”. Molte armi potrebbero essere state comprate nel dark web.

Nella notte tra il 9 e 10 dicembre del 2023 scoppiò il finimondo fra le vie Isidoro La Lumia e Quintino Sella, in pieno centro a Palermo. La lite culminò in una sparatoria che seminò il panico tra i clienti dei numerosi pub della zona. Marco Cucina, colui che impugnò l’arma in mezzo alla folla, è stato condannato a 7 anni e 4 mesi in primo grado.

“Cosa nostra indifferente”

Armati e violenti. La città diventa teatro di risse, aggressioni e guerriglia urbana. Nell’ambito di una recente inchiesta i pubblici ministeri di Palermo hanno sottolineato che Cosa Nostra è rimasta “indifferente, nella consapevolezza che tra i soggetti coinvolti vi erano quasi sempre esponenti delle principali casate mafiose o comunque persone ‘amiche’ e che le armi utilizzate erano il più delle volte passate dalle mani degli associati”.

La recrudescenza della violenza “è stata sovente cavalcata da Cosa Nostra, che ha così alimentato il proprio potere, approfittando della intimidazione ingenerata nella popolazione”.

Far West a Brancaccio

Nel febbraio dell’anno scorso Camillo e Antonio Mira, padre e figlio, avrebbero risposto all’aggressione compiuta da Giancarlo Romano nei confronti di Pietro Mira, l’altro figlio di Camillo. C’erano forti contrasti per la gestione del pannello delle scommesse clandestine. I due indagati avrebbero raggiunto la tabaccheria di Romano in corso dei Mille e avrebbero fatto fuoco ferendo per sbaglio un cliente. Poco dopo Romano, boss emergente di Brancaccio, sarebbe stato assassinato.


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