PALERMO – Manca la querela delle vittime e la Procura di Palermo è costretta a chiedere l’inefficacia della misura cautelare per tre imputati già condannati in primo grado con l’aggravante del metodo mafioso.
Effetto Cartabia
Ciò accade in virtù della riforma Cartabia: la querela, infatti, è diventata una condizione di procedibilità introdotta nel 2022 per certi reati come quello di sequestro di persona.
Fra le misure cautelari da revocare c’è anche quella del boss di Pagliarelli Giuseppe Calvaruso, reggente di uno dei più potenti mandamenti mafiosi di Palermo. Che però in carcere ci resterebbe comunque perché è stato condannato in primo grado per mafia.
Le vittime, interpellate dal giudice, così come prevede la norma transitoria che si applica ai casi precedenti all’entrata in vigore della riforma, si sono rifiutate di presentare la querela e ai pm non è rimasto che chiedere la revoca della misura oltre che per Calvaruso anche per Giovanni Caruso (considerato il suo braccio destro) e Silvestre Maniscalco.
I tre imputati
A metà dicembre sono stati tutti e tre condannati: Calvaruso 16 anni, Caruso 13 anni, Maniscalco 5 anni e 4 mesi sono stati inflitti. I primi due anche per mafia, il terzo solo per il sequestro e le lesioni con l’aggravante di mafia.
Nello stesso processo tre anni sono stati inflitti a Francesco Paolo Bagnasco, titolare della catena di negozi di detersivi e prodotti per l’igiene “Serena”. La vicenda per cui la Procura chiede l’inefficacia della misura cautelare nascerebbe da una sua iniziativa.
“Spedizione punitiva”
Bagnasco avrebbe chiesto l’aiuto dei mafiosi per punire gli autori di due rapine. Il 29 agosto di tre anni fa due persone armate di coltello assaltarono il punto vendita di via Altofonte 89. Si portarono via 4.500 euro. Il 3 settembre un nuovo colpo: 2.800 euro di bottino. Partì la caccia all’uomo. Bagnasco chiamò Giovanni Caruso: “Mi potresti fare una cortesia grande Giovà? Potresti salire cinque minuti ai Pagliarelli? Al negozio”.
Caruso fu intercettato mentre guardava sul tablet i video delle rapine, caricati su un pen drive. Caruso: “… già sta aprendo la cassaforte da sotto… si sono portati la cassaforte da sotto… non si sono portati quelli del cassetto… è nervoso guarda… guarda si alza gli occhi… sedici… diciassette… e guarda là sopra… l’hai visto qua?”.
“Picchiati in un magazzino”
Dopo aver individuato gli autori delle rapine li convocarono in un magazzino in via Piave. Caruso confidò alla moglie: “… tu non ne sai niente di questo discorso ah che capace ti arriva a dire: ‘minchia è selvaggio… mi sono rilassato questa giornata mi sono dato una scarricata che tu non hai idea… appena è entrato… l’ho preso ci dissi: ‘cammina… cammina prima che diventi scolapasta… all’ospedale… è ricoverato… pure il polso mi duole”.
I colpevoli furono picchiati. Nessuno di loro, uno per gravi motivi di salute, hanno presentato una querela. Dunque la Procura ha chiesto che venga dichiarata di inefficace la misura cautelare. Calvaruso e Caruso resterebbero comunque detenuti in virtù delle condanne per mafia ed estorsione.
Interviene l’Anm
Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia ha chiesto di cambiare subito la riforma Cartabia: “Le recenti notizie di stampa in ordine alla probabile revoca di misure cautelari per reati diventati procedibili a querela, pur quando sia contestata l’aggravante del metodo mafioso o dell’agevolazione mafiosa, impongono un ripensamento, in tempi rapidi, delle scelte del legislatore”.
Santalucia ha sottolineato che “in presenza di tal tipo di aggravanti anche il reato che, in astratto, può sembrare di non particolare gravità, assume una fisionomia incompatibile con l’affidamento alle singole persone offese della possibilità di perseguirlo in concreto, secondo logiche di deflazione del carico giudiziario che sono accettabili soltanto in riferimento a reati autenticamente bagatellari”.