Palermo, vecchi riti: il desiderio di mafia delle nuove leve

Palermo, vecchi riti: la voglia di mafia delle nuove leve

Il dialogo fra un quarantenne e un anziano boss di Porta Nuova

PALERMO – Giuseppe Mangiaracina farebbe parte delle nuove leve, ma è un tipo all’antica. Ci teneva a fare le cose per bene, mostrando un attaccamento alla tradizione mafiosa. Voleva essere “combinato”, ritualmente affiliato. Nella Cosa Nostra di oggi aggrapparsi ai vecchi rituali significa tentare di resistere ai continui blitz. È una questione di sopravvivenza.

Mangiaracina, poco più che quarantenne, è stato arrestato in uno degli ultimi blitz della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Aveva anche delle talpe in divisa che gli soffiavano la notizia di imminenti blitz. Tra le tante conversazione intercettate ce n’è una con il capomafia Francesco Mulè, tornato in carcere dopo avere lasciato inaspettatamente il carcere nonostante una condanna all’ergastolo. “Ma con te ha una fede grande… Franco è squisito”, diceva Mangiaracina al boss di Palermo centro, mandamento di Porta Nuova, riferendogli delle parole di una delle tante persone che vivono di mafia e per la mafia. E poi la sua personale sviolinata nei confronti del boss definito “il papà di tutti”.

Ed è al padre, mafiosamente parlando, che rivolgeva la richiesta delle richieste: “Com’è finita? Con la cresima com’è finita? … quando la dobbiamo fare questa cresima?”. Il resto della conversazione è coperta dagli omissis. Emerge però con chiarezza l’invito del boss. Per certe “cose” bisognava muoversi con calma: “Lo vedi, tu non devi andare avanti… bisogna che hai pazienza nella vita… “. La voglia di mafia delle nuove leve, prima o poi, sarebbe stato appagato.


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